mercoledì 23 settembre 2015

Roth e Zweig a Ostenda nel 1936: un romanzo

L'estate dell'amiciziaVolker Weidermann: L’estate dell’amicizia, Neri Pozza, 158 pp., 15 euro

Risvolto
È l’estate del 1936 a Ostenda, la piccola città belga affacciata sul Mare del Nord. Seduto in una loggia al terzo piano di una villa, Stefan Zweig contempla l’orizzonte. Lo sguardo fisso nel vuoto, è intento a scrivere e a osservare. Tra poco lo raggiungerà con la macchina da scrivere Lotte Altmann, la sua segretaria e amante. Lui le detterà la sua storia fino al punto in cui si bloccherà, come gli accade da tempo ormai. Lotte lo incoraggerà e lo spronerà, come sempre. È per questo che Zweig la ama. Di un amore silenzioso, riservato, timido. «Una giovane donna mi fa bene» ha scritto una volta all’amico Joseph Roth.
Uno strano sodalizio, quello tra Zweig e Roth, un’amicizia che dura da anni.  Zweig, maggiore di dieci anni, proprietario di un castello, uomo di mondo, autore di bestseller; e Roth, autore di romanzi-verità di minor successo, alcolista, socievole, generoso, prodigo di racconti, sempre circondato da amici, ascoltatori e sostenitori e, nello stesso tempo, uomo infelice e incattivito. Zweig, i cui libri vengono banditi dai nazisti soltanto nel maggio del 1936; e Roth che già nel 1932 vede i suoi libri messi all’indice e bruciati nel paese della peste bruna, proprio quando con Giobbe e La Marcia di Radetzky avrebbe potuto avere ricchezza e fama.
Ora eccoli entrambi in esilio a Ostenda, in mezzo a dileggiatori, combattenti, cinici, amanti, sportivi, bevitori, oratori e narratori gettati sulla stessa spiaggia dal capriccio della storia: Hermann Kesten, il romanziere sempre allegro, Egon Erwin Kisch, il predicatore, Ernst Toller, il gran nuotatore, Arthur Koestler, lo stratega e, soprattutto, Irmgard Keun, la regina dello champagne.
Euforica, pazza di gioia per essere fuggita dalla Germania nazista, Irmgard Keun non è ebrea, eppure i suoi libri in patria sono stati vietati. Descrivono donne troppo moderne e sicure di sé, proprio come lei,  bella e sfrontata trentenne con stola di pelliccia intorno al collo, grande bocca, grandi occhi.
A Ostenda le danno il benvenuto con tre orchidee nella stanza d’albergo. Tutta la comunità di esuli è eccitata dal suo arrivo e, in modo particolare, Joseph Roth,  lo scrittore coi baffi biondi sfilacciati, la cenere sulla giacca e la tristezza negli occhi, che, dopo un’iniziale diffidenza, se ne innamora perdutamente.
L’estate dell’amicizia, romanzo di notevole successo in Germania, narra magnificamente di una piccola comunità di artisti e grandi scrittori che, mentre l’Europa si consegna all’Apocalisse della guerra, crede di avere lasciato alle spalle l’inferno e di avere davanti il mondo intero.

Zweig e Roth, strana coppia nell’Europa diHitler 

Cosmopolita, elegante e apolitico l’uno; alcolista, burbero, impegnato contro il Führer l’altro Nell’epistolario inedito tra i due grandi scrittori ebrei e mitteleuropei il destino del continente 

22 set 2015  Libero MAURIZIO STEFANINI
Nel 1936, il 55enne Stefan Zweig era lo scrittore più tradotto della sua epoca.  

Viennese, autoredipopolarissime biografie di grandi personaggi storici, figlio di un ricco industriale, proprietario di un castello, raffinato uomo dimondo, la sua era sottomolti punti di vistauna vitadisuccesso. Di13 anni più giovane, Joseph Roth era invece un autore molto poco quotato. Natoinunaoscuracittadina dell’attuale Ucraina occidentale, figlio di un piccolomercantedi cerealicon graviproblemimentali e sposato a una donna chepure era finita inmanicomio, autore di romanzi verità molto poco venduti, giornalista mal pagato per testate di una Germaniadove aveva avutoproblemi col permesso di soggiorno, alcolista tormentato e risentito, la sua era stata una così vita fallimentare che nel suo racconto l'hamodificata e abbellita con tale foga da mitomane, con fieri problemi per i suoi biografi. 
Eppure, iduesonograndiamici. E su invito di Zweig l’estate di quell’anno la trascorrono assieme sulla spiaggia della belga Ostenda: il tema di L’estate dell’amicizia ( Neri Pozza, 158 pp., 15 euro), romanzo di VolkerWeidermann che è stato best-seller in Germania nel 2014. Al di là delle grandi differenze, epur nati allesue estremità geografiche e sociali, entrambi sono ebrei nostalgici dell'ImperoAustro-Ungarico, la cuidissoluzione ha lasciato il posto a unamiriade di staterelli ultranazionalistidalle forti tentazioniantisemite: anche se Zweig questa nostalgia per la grande civiltà multiculturaleasburgica la sublima inunsentimento cosmopolitadacittadinidelmondo, secondo l'utopia dell’autobiografia Il mondodi ieri. Ricordidiun europeo; mentre Roth vorrebbe propriounarestaurazionedellamonarchia, in nome degli ideali legittimisti celebrati in opere come La marcia di Radetzky o La cripta dei cappuccini. E tutti e due ovviamente sono visti come il fumo negli occhi dalla Germania hitleriana: anche se Roth vede i suoi libri messi al rogo già nel 1932, mentre i libri di Zweig verranno banditi dai nazisti solo nelmaggio del 1936. 
Mentre Roth ha visto subito il pericolo, Zweig ha in effetti credutodipotersichiamar fuori, ritirandosi nei suoi studi sul passato. E proprio le lettere di Roth a Sopra, la caricatura dell’unica foto rappresentante Zweig assieme a Roth. A destra, le copertine dei due libri 
Zweig restano come inquietante testimonianza di questo scontro tra colui che vedeva troppo e colui che non voleva vedere. Queste lettere, finora, inedite sono riunite pubblicate, peraltro da Castelvecchi sotto il titolo L’amicizia è la vera patria ( pp 100, euro 12). Nell’epistolario mai tradotto in italiano, idue amici si scambiano giudizi, impressioni e commenti, dove la condizione privata si intreccia alla situazione generale. A un Roth caustico erabbioso, cheesortal'amicofraternoa reagire conpiùdecisione all'incombere della barbarie, rispondeunoZweigpiùrassegnato e disilluso, che ha iniziato il tormentato peregrinare in giro per il mondo, alla ricerca di un isolamento artistico e umano. Leggerle è immergersi in uno dei periodi più bui della civiltà europea, «Lanostra esistenza letteraria emateriale è annientata - tutto porta a una nuova guerra», scrisse Roth ad esempio il giornoilcuiHitlerdivennecancelliere «Io non do più un soldo per lanostra vita. Si è riusciti a far governare la barbarie. Non si illuda. L'Inferno comanda». E poco dopo: «La Germania è morta. È stata solo un sogno, apra gli occhi, la prego!».  
Proprio per colpa di Hitler, a Ostenda in quell'estate del 1936 sono in tanti gli intellettuali germanofoni esuli. A parte gli ebrei Zweig e Roth, ci sono Egon Erwin Kisch, Ernst Toller e Arthur Koestler: tutti e tre ebrei e comunisti allo stesso tempo. C'è Hermann Kesten, ebreo. C'è Willi: non ebreoma il più famoso propagandista del comunismo, E c'è Irmgard Keun, legata sentimentalmente a Roth, Joseph Roth. Per un momento, quella piccola comunità di artistie grandipuò pensaredi essersi lasciata alle spalle l'inferno e di avere davanti il mondo intero. Ovviamente, però, nonfiniràbene. Delusi dal Patto tra Stalin e Hitler Koestler e Münzenberg passeranno all'anticomunismo. Il secondo morirà in modo misterioso durante l'occupazione tedesca della Francia, forse ucciso da sicari di Stalin e forse suicida. Il primo farà in tempo a scrivere famosi best-seller, ma a sua volta finirà suicida, anchese tanti anni dopo. Suicida in un lager morirà anche Toller. E suicida nel 1942 in Brasile, dove si era rifugiatol'annoprima, sarebbe finito anche Zweig, subito dopo aver completato un saggio su quel Paese. Roth era già scomparso nelmaggio del 1939: morto all'ospizio dei poveri di Parigi, dopouna crisinervosaseguita alla notizia della morte di Teller. Sulla sua tomba il conte Franz Trautmannsdorffgettòunazolla di terra esclamando: «al fedele combattente dellamonarchia in nome di Sua Maestà Otto di Asburgo».

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