giovedì 1 ottobre 2015

Ancora colonizzazioni


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Ubaldo Fadini: Divenire corpo. Soggetti, ecologie, micropolitiche, ombre corte

Risvolto

L'indagine a proposito del rapporto tra l'uomo e la tecnica continua ancora oggi a oscillare tra due polarità: quella che vede la tecnica come dimensione di compensazione e rilancio di caratteristiche proprie della natura dell'uomo e quella che coglie nella progressione tecnologica la registrazione "destinale" di una perdita di protagonismo da parte dell'essere umano. All'autore di questo testo pare opportuno andare oltre la riproposizione tradizionale della relazione tra soggetto e tecnica in termini soltanto adattivi o sostitutivi/compensativi, riscontrabili ancora nell'odierno "tecno-vitalismo": ciò al fine di delineare una prospettiva di analisi "post-antropologica" della tecnica, basata sull'idea di un rapporto storicamente determinato tra "macchina" e soggettività; quel rapporto che sembra oggi contraddistinto da una sorta di "introduzione" di funzioni produttive e significative (strumentali) all'interno del corpo vivente dell'attuale soggetto-di-lavoro, con gli inevitabili effetti sulle qualificazioni anche sociali e politiche di tale soggettività nel quadro delle trasformazioni del capitalismo contemporaneo.
l'autore Ubaldo Fadini insegna Filosofia morale presso l'Università di Firenze. Fa parte dei comitati di redazione e dei comitati scientifici di numerose riviste, tra le quali "Aisthesis", "Iride", "Millepiani", "Officine filosofiche". È autore di numerosi saggi, tra i più recenti: Le mappe del possibile. Per un'estetica della salute (2007); La vita eccentrica. Soggetti e saperi nel mondo della rete (2009); Linee di fuga. Nietzsche, Foucault, Deleuze, con Stefano Berni (2009); Lessico Virilio. L'accelerazione della conoscenza, con Silvano Cacciari (2012). Per i nostri tipi: Figure nel tempo. A partire da Deleuze/Bacon (2003), e Il futuro incerto. Soggetti e istituzioni nella metamorfosi del contemporaneo (2013). Ha inotre curato la raccolta di testi di Gilles Deleuze e Félix Guattari, Macchine desideranti (nuova edizione 2012).



La fraternità in monete sonanti 
Saggi. «Divenire corpo» di Ubaldo Fadini per ombre corte. Filosofia della sperimentazione in un mondo dove il lavoro ha smesso di essere il centro gravitazionale della trasformazione politica 

Roberto Ciccarelli manifesto 30.9.2015, 0:25 

Il lavoro? Non esi­ste. Oggi la moneta di scam­bio è il pagherò. Il pre­sente è il debito, il futuro è il pro­fitto di chi mette la tua vita nella sua vetrina con un “Mi piace”. Que­sta situa­zione non induce a ribel­larsi, ma a una dispe­rata chiu­sura in se stessi. Ci si avvolge nella coperta dell’Io e si con­ti­nua a sca­vare nella volontà per­so­nale, l’unico bene rima­sto che ha ancora qual­che mer­cato. Sono dispo­ni­bile a lavo­rare e vendo la mia dispo­ni­bi­lità a farlo. A tutti costi, anche gra­tis. Que­sto è il tempo del cini­smo in cui il capi­tale non è solo il mezzo che estorce il lavoro, ma è il lavoro che gli ha con­se­gnato tutto il suo valore. Per­ché non c’è alter­na­tiva, si dice. Non c’è il sala­rio d’un tempo, l’unico gua­da­gno è avere una certa imma­gine di se stessi. Si è fal­liti e ci si crede impren­di­tori di se stessi.  Ubaldo Fadini, Dive­nire corpo (Ombre Corte) 
Con que­sta verità, incon­ce­pi­bile per la sini­stra i sin­da­cati e i discorsi per i buoni demo­cra­tici, si con­fronta il filo­sofo fio­rentino Ubaldo Fadini. Il suo ultimo libro è un qua­derno di appunti sulla tra­sfor­ma­zione in atto, Dive­nire corpo. Fadini è un teo­rico raf­fi­nato, la sua scrit­tura è mag­ma­tica, un flusso di coscienza che oscilla tra let­ture fran­cesi (Deleuze e Guat­tari), posto­pe­rai­smo ita­liano (Chri­stian Marazzi o Andrea Fuma­galli), antro­po­lo­gia poli­tica tede­sca (Arnold Gehlen), filo­so­fia della tec­nica (Simon­don) e l’ecosofia di André Gorz. La sua rifles­sione si con­fronta con il pro­blema più inte­res­sante del nostro tempo: la tra­sfor­ma­zione della sog­get­ti­vità in impren­di­trice di se stessa a cui, ad esem­pio, la rivi­sta Aut Aut ha dedi­cato di recente un numero
Fadini rifor­mula il pro­blema con il lin­guag­gio mar­xiano: visto che tutto è capi­ta­li­smo, cosa suc­cede al “capi­tale varia­bile” (il lavoro vivo, la sog­get­ti­vità che “fer­menta”) quando diventa espres­sione del “capi­tale fisso”, anzi è la pro­tesi orga­nica delle mac­chine, dei social media, della finanza? Dov’è la sua libertà, cosa può fare insieme agli altri se non ripro­durre la comune mise­ria asso­luta, quella dell’Io degli “uomini vuoti”? 
La situa­zione è dispe­rante. Fadini prova a fare uno scarto, par­tendo dal ricco mate­riale pro­dotto dalla rifles­sione cri­tica dall’Anti­E­dipo di Deleuze e Guat­tari (libro del 1972) a oggi. La sua è un’immersione nella vita al tempo del neo­li­be­ri­smo. Parte dalla tri­ste­mente cele­bre cate­go­ria di “capi­tale umano” e la ribalta in una “car­to­gra­fia socio-esistenziale al ser­vi­zio di pra­ti­che con­crete di spe­ri­men­ta­zione”. Il “capi­tale fisso umano” non è come quello ordi­na­rio del capi­tale, il “lavoro morto ogget­ti­vato” messo all’opera dal “lavoro vivo”. Esso è il risul­tato del lavoro vivo e dell’attività dell’“individuo sociale”. Per svi­lup­parlo, i tri­sti impren­di­tori di se stessi hanno avuto biso­gno di tra­sfor­marsi in un’impresa capi­ta­li­stica per met­tere in opera la fin­zione di un “capi­tale” che viene e va, come le stagioni. 
In linea di prin­ci­pio potreb­bero eman­ci­parsi, anche per­ché que­sto capi­tale è un inve­sti­mento su loro stessi, senza il quale il lavoro morto che incar­nano non sarebbe mai all’opera. Fadini esclude che si possa uscire da que­sta situa­zione dirot­tando il desi­de­rio dall’Io al “sog­getto anta­go­ni­sta”, sul signi­fi­cante vuoto di una “sini­stra” a tavo­lino, sull’idea dif­fusa per cui il neo­li­be­ri­smo fun­ziona male e che se fosse gestito meglio dallo Stato key­ne­siano ci sarebbe la cre­scita e tutti sta­reb­bero meglio. Quello Stato sot­tin­tende il ricorso a un’autorità ori­gi­na­ria alla quale gli indi­vi­dui si affi­dano (Deleuze-Guattari lo defi­ni­vano Urstaat). Tale pos­si­bi­lità può essere spe­ri­men­tata sul ter­reno etico: ciò che Deleuze chia­mava “potenza” e Marx “lavoro vivo”. Tutto dipende da cosa pos­sono fare insieme que­sti indi­vi­dui oggi ato­miz­zati in sette, infe­lici, inde­bi­tati. Que­sta pos­si­bi­lità oggi è rimossa e irrisa, per­sino dai diretti inte­res­sati. L’alternativa è affi­data ai con­cetti maiu­scoli di cui si nutre il pen­siero indi­vi­dua­li­stico con­tem­po­ra­neo: il Sog­getto, il Movi­mento, il Leader. 
Dive­nire corpo di Fadini con­si­glia ami­che­vol­mente di lasciar per­dere e rico­min­ciare la spe­ri­men­ta­zione, tro­vare una fra­ter­nità in que­sta impresa, una sorella nel dive­nire, una musica nella lin­gua, accordi sco­no­sciuti nell’uso della vita a dispo­si­zione, non nella cura del lutto per un lavoro che non c’è.

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