giovedì 1 ottobre 2015

Neonazionalismo o guerra civile internazionale tra poveri?

Risultati immagini per Giovannini: Europa anno zero
La categoria di nazionalismo per comprendere i fenomeni in atto mi sembra completamente sbagliata [SGA].

Eva Giovannini: Europa anno zero. Il ritorno dei nazionalismi, Marsilio

Risvolto

In questi anni dieci del terzo millennio stiamo assistendo a un sostanziale ritorno dei nazionalismi in Europa. Movimenti di una destra radicalmente identitaria, populista e con tendenze xenofobe sono entrati nel Parlamento europeo e nel 2015 i risultati elettorali in ben otto paesi dell'Unione hanno decretato l'avanzata incessante delle destre. Sono destre anomale, nuove, destre che non vogliono essere definite tali. Per lo più "sovraniste", non fasciste, per quanto in alcuni casi presentino frange estreme e pericolose. Per raccontare questo fenomeno nelle sue varie declinazioni, Eva Giovannini ha intrapreso un viaggio attraverso sei paesi europei: dalla Francia di Marine Le Pen, che cavalca la riscoperta dell'orgoglio nazionale, al Regno Unito di Nigel Farage, leader dell'Ukip; dalla marcia dei "nuovi patrioti" di Pegida, in Germania, all'estrema destra ungherese; dalla Grecia di Alba Dorata e dell'alleanza tra Syriza e gli indipendentisti cattolici di Anel, fino all'Italia della Lega Nord di Salvini, che riparte dalla Sicilia per rifondarsi e dichiara guerra alle élite europee e all'immigrazione. 




L’onda nera del populismo nel vecchio continente 
Saggi. «Europa anno zero» di Eva Giovannini per Marsilio. Dall’Inghilterra all’Ungheria, un’inchiesta sulla crescita dei partiti xenofobi e razzisti.Il volume sarà presentato oggi a Roma 

Guido Caldiron Manifesto 30.9.2015

Un viag­gio scan­dito da istan­ta­nee che docu­men­tano impo­ve­ri­mento, mar­gi­na­lità, deca­denza e, soprat­tutto, ran­core. In una parola, la crisi eco­no­mica e sociale del Vec­chio con­ti­nente e il mostro che da que­sto ven­tre che ribolle di inquie­tu­dine e paura ha ini­ziato ad emer­gere con sem­pre mag­giore forza, fino ad assu­mere i tratti sini­stri di una rina­scita del nazio­na­li­smo e di un’idea della cit­ta­di­nanza che sem­bra tor­nare a vol­gersi ai miti fune­sti «del san­gue e del suolo». Feno­meni che accom­pa­gnano la cre­scita sul piano poli­tico di un’estrema destra che anche quando non rag­giunge, ancora, per­cen­tuali di voto signi­fi­ca­tive, vede sem­pre più spesso le pro­prie idee «pro­mosse» nella sfera di governo e bana­liz­zate presso l’opinione pub­blica, come ha fatto osser­vare di recente il poli­to­logo Cass Mudde, tra i mag­giori stu­diosi dei nuovi popu­li­smi europei. 
Pic­cole patrie crescono 
Nella sua bella inchie­sta dal titolo Europa anno zero. Il ritorno dei nazio­na­li­smi, appena pub­bli­cata da Marsilio/ Rai Eri (pp. 208, euro 16) — che sarà pre­sen­tata mer­co­ledi 30 set­tem­bre alle 18,30 al Tem­pio di Adriano a Roma, con gli inter­venti dell’autrice, di Laura Bol­drini e Lucia Annun­ziata -, Eva Gio­van­nini pro­pone una geo­gra­fia ragio­nata della minac­cia che incombe sulle nostre società, appro­fon­dendo il lavoro svolto come inviata di Bal­larò. Arti­co­lato attra­verso sei tappe in altret­tanti paesi, il per­corso della gior­na­li­sta cerca «di rico­struire in presa diretta», anche gra­zie ad inter­vi­ste esclu­sive ad alcuni dei mag­giori lea­der popu­li­sti, da Le Pen a Sal­vini, cosa stia acca­dendo, fis­sando il «fermo imma­gine di un momento cru­ciale come pochi altri, dalla caduta del Muro di Ber­lino, per la tenuta demo­cra­tica, e non solo eco­no­mica, del nostro continente». 
Reso evi­dente in modo dram­ma­tico nelle ultime set­ti­mane dalle rea­zioni vio­lente emerse nei con­fronti di pro­fu­ghi e migranti, il tema del ritorno sulla scena del fetic­cio insan­gui­nato dello Stato-nazione, che nel con­creto si è mate­ria­liz­zato nel mol­ti­pli­carsi di «muri» che dovreb­bero com­pri­mere, con­trol­lare, esclu­dere — a par­tire da quelli voluti dal pre­mier unghe­rese Vik­tor Orbán -, per quanto possa appa­rire come una sorda eco delle pagine più ter­ri­fi­canti del Nove­cento, è però tutt’altro che un epi­fe­no­meno. Se la cul­tura alter-globalista mostra per molti aspetti la corda, il «no-global» dei soste­ni­tori delle pic­cole patrie etni­che o pro­dut­tive, o il nuovo «socia­li­smo degli imbe­cilli» che mira ad una sal­va­guar­dia del wel­fare solo per i «com­pa­trioti» o in ragione di iden­tità e appar­te­nenze comu­ni­ta­rie, rap­pre­senta un brand in ascesa da tempo. 
Con­sa­pe­vole di tutto ciò, Gio­van­nini legge lo svi­luppo dei popu­li­smi xeno­fobi e delle nuove destre estreme come una sorta di dop­pel­gän­ger della crisi, non l’unica causa sca­te­nante il feno­meno, ma quella in grado di ali­men­tarlo meglio, assi­cu­ran­do­gli una dina­mica appa­ren­te­mente inar­re­sta­bile. L’indagine pro­cede per­ciò su due piani paral­leli, desti­nati ad inter­se­carsi nel corso del cam­mino. Da un lato, quello rap­pre­sen­tato dalle con­se­guenze sca­tu­rite dalle grandi ristrut­tu­ra­zioni eco­no­mi­che degli ultimi decenni e dalle poli­ti­che di rigore della sta­gione odierna, e su tutte il con­so­li­darsi della disoc­cu­pa­zione di massa e di nuove povertà e forme di emar­gi­na­zione; dall’altra, la con­tem­po­ra­nea cre­scita di una pro­pa­ganda poli­tica in forma di nar­ra­zione com­plot­ti­sta che offre facili capri espia­tori al males­sere dif­fuso, su tutti, migranti e rom — ma anche l’euro e la stessa Unione euro­pea fini­scono per assol­vere su altri piani alla mede­sima fun­zione — e ridi­se­gna i con­torni di un gra­ti­fi­cante «romanzo nazio­nale», con­so­la­to­rio, egoi­sta e regres­sivo, per società sfi­gu­rate dall’austerità eco­no­mica e dall’assenza di prospettive. 
Sfi­lano di fronte a noi le voci e le imma­gini della Gre­cia in ginoc­chio, con i neo­na­zi­sti di Alba Dorata che con­ti­nuano a tes­sere la loro tela d’odio in un’Atene che ha ormai «il volto di un donna per­cossa». All’angolo oppo­sto del Con­ti­nente, nell’Inghilterra del sud, sco­priamo loca­lità bal­neari orfane di un turi­smo working-class spaz­zato via dalla crisi, che ha lasciato die­tro di sé «un cimi­tero di strut­ture alber­ghiere dove la sera rim­bomba il silen­zio». Luo­ghi dive­nuti l’epicentro del risve­glio sovra­ni­sta bri­tan­nico che pro­pone ad una pla­tea di disoc­cu­pati e pen­sio­nati una sola alter­na­tiva: quella tra l’euroscetticismo raz­zi­sta dello Ukip e la dema­go­gia xeno­foba dei Con­ser­va­tori di Cameron. 
Pas­sata la Manica, ci si imbatte nel porta a porta mar­tel­lante del «Front Natio­nal» nelle peri­fe­rie sociali e cul­tu­rali di Fran­cia, le ban­lieue come le aree rurali, all’ascolto di una popo­la­zione che si sente abban­do­nata dai par­titi tra­di­zio­nali. La cam­pa­gna dà i suoi frutti per­fino a Cli­chy sur Bois, dove nel 2005 prese il via la rivolta dei ban­lieu­sard, tra i figli e i nipoti dei vec­chi immi­grati. «Lavoro, pen­sioni, sicu­rezza: con que­ste parole d’ordine Marine Le Pen è pene­trata come una nave fen­di­ghiac­cio per­fino in una zona dove la disoc­cu­pa­zione gio­va­nile supera il 40% e la mag­gio­ranza delle per­sone prega Allah». Un altro passo e sono le ban­diere tede­sche fatte in casa e le teste rasate di Dre­sda, capi­tale della Sas­so­nia, ad atti­rare l’attenzione. Qui, nell’ex Ger­ma­nia Est, dove «il rischio di una bomba sociale e evi­dente» visto che i red­diti medi sono due terzi di quelli dell’Ovest e i disoc­cu­pati il dop­pio del resto del paese, c’era il cuore della mobi­li­ta­zione anti-islamica di Pegida e ora cova la rivolta con­tro le poli­ti­che di acco­glienza di Merkel. 
L’autocrate unghe­rese 
Infine, cono­sciamo la rab­bia di chi lavora al mer­cato del pesce di Cata­nia e si dice vit­tima della legi­sla­zione euro­pea. Mat­teo Sal­vini si pro­pone di dare voce anche a que­sta parte del paese, dopo aver bat­tez­zato, pre­vio abbrac­cio con i fasci­sti del terzo mil­len­nio, la sua nuova Lega «nazio­nale» all’insegna della mar­cia delle ruspe sui campi rom. Que­sto men­tre l’Ungheria, «pla­smata da cin­que anni di governo dell’autocrate nazio­na­li­sta Vik­tor Orbán», appare come il vero labo­ra­to­rio del nuovo popu­li­smo euro­peo. Un «modello» da imi­tare, come è diven­tato evi­dente nelle ultime set­ti­mane, e dove ad una svolta auto­ri­ta­ria e nazio­na­li­sta dell’esecutivo, ha cor­ri­spo­sto il radi­carsi nella società degli estre­mi­sti raz­zi­sti e anti­se­miti di Job­bik e il dif­fon­dersi delle vio­lenze con­tro i rom.
L’itinerario alla sco­perta dei «pro­fes­sio­ni­sti della paura e del pes­si­mi­smo, che stanno incas­sando i divi­dendi di un’Europa debole e impo­ve­rita», volge al ter­mine, e Gio­van­nini si con­cede un solo auspi­cio, vale a dire che il pro­getto poli­tico con­ti­nen­tale riveda rapi­da­mente il pro­prio patto fon­da­tivo, dando voce alle istanze dei cit­ta­dini, prima che l’onda nera dei nuovi nazio­na­li­smi possa travolgerlo.

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