L’Ombra della fenice, ovvero alla ricerca del libro perduto. Ma è esistito davvero un libro così? Un libro, una guida turistica che insegna come muoversi in una città del Mediterraneo a mezzogiorno, a ferragosto, rimanendo sempre all’ombra? Generazioni di bibliofili appassionati, almeno dalla fine del 1700 giurano e spergiurano di averlo visto, letto, studiato ma altrettante generazioni di studiosi lo definiscono un’araba fenice: che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa. E poi: visitare all’ombra la città, va bene, ma quale città? Roma, come molti hanno scritto? O forse Napoli, come altrettanti hanno pensato? Inseguendo il miraggio di un libro conosciutissimo ma mai visto con certezza da alcuno, questa digressione tenta di seguirne la storia, rintracciarne l’origine, allacciare i fili sparsi lungo due secoli di una leggenda libresca, infine raccolta e narrata in un racconto di Massimo Bontempelli. Un piccolo giallo letterario che si snoda tra Roma e Napoli e ha per protagonisti scrittori come Alexandre Dumas e Charles Dickens, poeti come Giuseppe Gioacchino Belli, saggisti e bibliofili come Pietro Paolo Trompeo e Gino Doria, Bartolomeo Capasso e Benedetto Croce, fino ad arrivare a Massimo Bontempelli nel cui racconto, L’Ombra e il sole, prende vita immaginaria, sullo sfondo dell’Esposizione Internazionale del 1911, il protagonista della storia, l’autore dell’araba fenice da cui tutto questo piccolo mistero ha origine.
giovedì 14 gennaio 2016
Napoli senza sole? Un libro su un libro fantasma
Pino di Branco: L’ombra della fenice, con un racconto di Massimo Bontempelli, La Vita Felice, pp. 78, euro 8,50
Risvolto
L’Ombra della fenice, ovvero alla ricerca del libro perduto. Ma è esistito davvero un libro così? Un libro, una guida turistica che insegna come muoversi in una città del Mediterraneo a mezzogiorno, a ferragosto, rimanendo sempre all’ombra? Generazioni di bibliofili appassionati, almeno dalla fine del 1700 giurano e spergiurano di averlo visto, letto, studiato ma altrettante generazioni di studiosi lo definiscono un’araba fenice: che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa. E poi: visitare all’ombra la città, va bene, ma quale città? Roma, come molti hanno scritto? O forse Napoli, come altrettanti hanno pensato? Inseguendo il miraggio di un libro conosciutissimo ma mai visto con certezza da alcuno, questa digressione tenta di seguirne la storia, rintracciarne l’origine, allacciare i fili sparsi lungo due secoli di una leggenda libresca, infine raccolta e narrata in un racconto di Massimo Bontempelli. Un piccolo giallo letterario che si snoda tra Roma e Napoli e ha per protagonisti scrittori come Alexandre Dumas e Charles Dickens, poeti come Giuseppe Gioacchino Belli, saggisti e bibliofili come Pietro Paolo Trompeo e Gino Doria, Bartolomeo Capasso e Benedetto Croce, fino ad arrivare a Massimo Bontempelli nel cui racconto, L’Ombra e il sole, prende vita immaginaria, sullo sfondo dell’Esposizione Internazionale del 1911, il protagonista della storia, l’autore dell’araba fenice da cui tutto questo piccolo mistero ha origine.
L’Ombra della fenice, ovvero alla ricerca del libro perduto. Ma è esistito davvero un libro così? Un libro, una guida turistica che insegna come muoversi in una città del Mediterraneo a mezzogiorno, a ferragosto, rimanendo sempre all’ombra? Generazioni di bibliofili appassionati, almeno dalla fine del 1700 giurano e spergiurano di averlo visto, letto, studiato ma altrettante generazioni di studiosi lo definiscono un’araba fenice: che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa. E poi: visitare all’ombra la città, va bene, ma quale città? Roma, come molti hanno scritto? O forse Napoli, come altrettanti hanno pensato? Inseguendo il miraggio di un libro conosciutissimo ma mai visto con certezza da alcuno, questa digressione tenta di seguirne la storia, rintracciarne l’origine, allacciare i fili sparsi lungo due secoli di una leggenda libresca, infine raccolta e narrata in un racconto di Massimo Bontempelli. Un piccolo giallo letterario che si snoda tra Roma e Napoli e ha per protagonisti scrittori come Alexandre Dumas e Charles Dickens, poeti come Giuseppe Gioacchino Belli, saggisti e bibliofili come Pietro Paolo Trompeo e Gino Doria, Bartolomeo Capasso e Benedetto Croce, fino ad arrivare a Massimo Bontempelli nel cui racconto, L’Ombra e il sole, prende vita immaginaria, sullo sfondo dell’Esposizione Internazionale del 1911, il protagonista della storia, l’autore dell’araba fenice da cui tutto questo piccolo mistero ha origine.
Come girovagare per Napoli restando sempre all’ombra
Le curiose vicende di un libro che non esiste, pur venendo citato da giganti quali Dumas e Dickens. Fino all’arrivo di Bontempelli
13 gen 2016 Libero ALESSANDRO RIVALI
I fantasmi seducono sempre. Possono amleticamente divampare dal passato sugli spalti di Elsinore o avere, nei sogni di oggi, la ciondolante andatura degli zombie di The Walking Dead. Nelle librerie poi sembrano avere fortuna le geografie spettrali, dall’Atlante dei luoghi maledetti di Olivier Le Carrer (Bompiani) ai siti riscoperti dalla giovane “abbandonologa” Carmen Pellegrino( Cade la terra, Giunti). Bisogna sapere però che esistono anche i libri fantasma.
Libri cioè che non esistono, se non nel nostro immaginario, e che pure hanno lasciato dietro di sé una scia indelebile. Opere mai scritte né stampate che ossessivamente ritornano. Magari recensite o condannate, come il blasfemo De tribus impostoribus, che mise sullo stesso piano denigratorio Mosè, Gesù e Maometto. Un pamphlet incandescente attribuito ai diversi alfieri del pensiero utopistico o rivoluzionario, da Federico II a Giordano Bruno, passando per Pier delle Vigne, Averroè, Hobbes o Machiavelli. Peccato che il libro incriminato apparve sotto forma di manoscritto soltanto a metà del XVII secolo in Germania... (per chi è interessato c’è Il libro maledetto di George Minois, Rizzoli).
Tra i «libri non scritti» - il più celebre è forse il Necronomicon -ceneèuno singolarissimo: si tratta di Napoli senza sole, vademecum per vagabondare in città senza mai essere sfiorati da un raggio di sole. Se ne conosce l’autore? Ovviamente no, eppure in tanti ne hanno tessuto l'elogio. A ricordarne la storia labirintica e bizzarra è ora Pino di Branco con L’ombra della fenice (La Vita Felice, pp. 78, euro 8,50).
L’autore, che ha tradotto il ricettario di Nostradamus Cosmetici e conserve e che si è anche occupato di Bébert, il gatto di Céline, inizia il suo «giallo letterario» con l’«abbaglio» in cui incappò Alexandre Dumas. Lo scrittore francese nel 1835 girò per Napoli su un calessino e quel mezzo di trasporto diede spunto al titolo del suo Corricolo, l’opera in cui raccolse la sua esperienza di viaggio. Nel cuore di un dialogo citò il fantomatico libro. A discutere erano Dumas e Martino Zir, il suo albergatore tuttofare, che si premurava di suggerirgli appunto Napoli senza sole . E Dumas: «Che cos’è?». Risposta: «Un’opera a beneficio dei pedoni, e che vi sarà più utile di tutti gli Ebels e i Richards della terra» (autori di guide turistiche di successo). E l’incredulo romanziere: «E chi è il dotto geografo che ha eseguito un tale capolavoro?». Risposta bis: «Un gesuita ignorante, che i suoi confratelli avevano ritenuto troppo bestia per occuparsi d’altro». Nella finzione Dumas andava in visibilio: «Ecco un uomo che meriterebbe di essere canonizzato» e incredibilmente riusciva subito dopo a recuperare il volume: «Passai la giornata a studiare quel prezioso itinerario: due ore dopo conoscevo la mia Napoli senza sole e sarei andato all’ombra dal ponte della Maddalena a Posillipo, e dalla Vicaria a S. Elmo».
La leggenda iniziò a prendere corpo, a tal punto che i turisti stranieri iniziarono a credere che Napoli senza sole fosse anche un quartiere della città. Persino Charles Dickens ci mise del suo. L’illustre turista non rimase contento del suo tour partenopeo del 1845 e scrisse alla contessa Blessington: «Napoli mi ha ampiamente deluso. È pur vero che il tempo è stato brutto per gran parte della mia permanenza là, ma se non ci fosse stato il fango, ci sarebbe stata la polvere. E se pure avessi avuto il sole, avrei comunque avuto anche i Lazzaroni, che sono così cenciosi, così luridi, abietti, degradati, immersi e sprofondati nella più totale impossibilità di riscatto, che renderebbero scomodo persino il Paradiso…». Eppure nel 1854, annotò sull’Household Words: «Chi ha fatto il pellegrinaggio in quella parte della città del Re Bomba nota come Napoli Senza Sole certo ricorderà i venditori ambulanti di gelati...». Sulla (falsa) pista tornò anche lo scrittore di viaggi Norman Douglas, che nel 1918 sull’Anglo-Italian Review ricordava: «Esiste un vecchio libro, un opuscolo, intitolato Napoli senza sole. Dicono (ma io non l’ho mai visto) che insegni ai pedoni come restare all’ombra a ogni ora del giorno; come poter raggiungere qualsiasi punto della città da qualsiasi altro punto senza essere costretti ad attraversare le piazze, quelle abbaglianti distese di luce del sole...». Ecco dove portano le spire dei libri fantasma.
Ma a forza di evocarli questi libri si può pure finire per scriverli. È quanto capitò al poliedrico Massimo Bontempelli (1878-1960) che in qualche modo trasfigurò la vicenda di Napoli senza sole ambientandola però a Roma.
Nei racconti dei Sette savi (1912) immaginò un curioso filosofo che «senza agitare grandi principi, senza proporre palingenesi rivoluzionarie o sovvertimenti universali» volle fornire ai viandanti «una guida per godere della più bella città del mondo in ogni condizione, anche e soprattutto in piena estate, a ferragosto, con il sole a picco». Così nacque il personaggio di Anselmo Memmi e un racconto breve dal bellissimo incipit: «Roma è meravigliosa d’estate, come d’inverno, di primavera e d’autunno». Il povero filantropico filosofo riuscì a tracciare la «mappa dell’ombra» per Roma, ma fu colpito dalla “maledizione” del libro perché morì (ah, di insolazione...) il giorno stesso in cui portò a compimento la sua opera...
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