giovedì 14 gennaio 2016

Un thriller letterario di Mario Baudino

Lo sguardo della farfalla
Mario Baudino: Lo sguardo della farfalla, Bompiani, pp. 240, € 17

Risvolto
La vita è piuttosto eccitante per Demi, Duccio e Matteo, librai di un paese di montagna del Piemonte. Ma lo diventa ancor di più quando ricevono l'incarico di valutare un'immensa biblioteca ereditata in modo alquanto misterioso da un professore universitario. A procurar loro un'avventura degna di un romanzo gotico - la villa sembrerebbe infestata da un fantasma - sono i misteri che affiorano durante il lavoro: la scomparsa di un libro dal titolo ambiguo, le indagini di una giornalista d'assalto, la curiosità sospetta di una imprevedibile cliente. In una caccia al tesoro che si consuma tra le pagine di libri antichi e fra le cronache del presente e del passato, Mario Baudino intreccia una trama piena di colpi di scena dove i tre improbabili investigatori verranno a capo di un lontano segreto legato agli anni di piombo. Ma come spesso accade, i segreti possono essere un po' beffardi...


Il senso di Baudino per il libro
Caccia al tesoro tra paura e ironia  Lo sguardo della farfalla, il thriller erudito dello scrittore torinese racconta le inquietanti avventure di un gruppo di bibliofili in cerca di un misterioso testo perduto Paolo Di Paolo Stampa 14 1 2016
Oggetti quasi esotici e dal lungo passato, i libri - gli oggetti di carta arresi alla polvere che chiamiamo libri - hanno qualcosa di romanzesco. Si prestano cioè a essere protagonisti o testimoni muti di storie cariche di mistero, a diventare i MacGuffin di qualunque trama. Non è insolito che le biblioteche, private o pubbliche, si manifestino come fondale solenne e angosciante di vicende enigmatiche. Così Mario Baudino, che la sa lunga in fatto di libri e ha mostrato una certa passione per l’esoterismo, mescola nel nuovo romanzo - Lo sguardo della farfalla (Bompiani, pp. 240, € 17) - più ingredienti a lui familiari.
Ne viene un libro prima giallo e poi thriller, che è anche un libro sui libri pieno di libri e di librai. Si parte appunto da una enorme biblioteca - strana, preziosa e pesante eredità caduta nelle mani di un docente universitario e che una banda di bibliofili di provincia è tenuta a valutare. Maledetti libri!, si sente esclamare già nelle prime pagine. E non a torto: se ci sono di mezzo carta e inchiostro, le cose si complicano di sicuro. Questi librai, cartolai, «collezionisti selvaggi», come cavalieri erranti con un debole per il Barolo chinato, si trovano impelagati in un’avventura più grande di loro. Dicono di avere un cuore («Benché librai, un cuore ce l’abbiamo eccome. Un cuore e tutto il resto»), e batte più del dovuto, anche per paura.
La biblioteca - luogo immobile e silente come pochi altri - qui si anima, non solo perché qualcuno fruga tra i volumi e li muove, li sposta - una famiglia di topi? o chi? -, ma perché i libri stessi hanno tutta l’aria di non starsene fermi. Sì, certo, i libri, «tecnicamente, non esistono in sé e per sé, ma solo nel momento in cui un lettore li afferra e ne apre le pagine». Almeno così saremmo portati a credere. Ma nel romanzo di Baudino, e nella biblioteca che vi troneggia, «i libri urlano, gemono, si contorcono». Aiuto! Non si può stare tranquilli nemmeno fra autori defunti e sommersi dall’oblio, se poi tocca scoprire che scrittori morti possono perfino copiare da autori vivi. Sì, avete letto bene.
E se ci mettete una improvvisa sparizione, qualche colpo di arma da fuoco, un killer e parecchia neve, capite che questa non è una storia rosa. C’è di più: un titolo in apparenza rassicurante e innocuo - Lo sguardo della farfalla - che si rivela via via come un meta-titolo. Ovvero, il titolo di un libro misterioso e scomparso, il cui ritrovamento implica qualche milione di euro. Ma si chiamava Il guardo della farfalla o Il
guado della farfalla? E chi era l’autore? E che fine ha fatto?
«Seguimi, benedetto ragazzo. Nulla vieta che il libro sia uscito come Guado, ma nel giro di pochi giorni la tiratura sia stata ritirata e sostituita con un’altra, modificandone il titolo. Quindi Guardo, che suona anche meglio. Come sarà mai il guardo, cioè lo sguardo, di una farfalla? Le farfalle ci guardano? E con che occhi? Quelli della testa, che sono una specie di agglomerato, una palla di lenti minuscole, o magari quelli delle ali, che sembrano occhi ma non lo sono, e servono a spaventare i predatori? Mica male davvero».
Qui bisogna scomodare - oltre al Nero Wolfe di Stout e a Edgar Allan Poe, direttamente chiamati in causa - anche Borges e Wilcock, abilissimi nelle recensioni di libri inesistenti. Baudino ci offre un piccolo, delizioso trattato sui libri immaginari, «quelli che non esistono ma vengono inventati da maniaci di vario genere, che ne compilano liste e cataloghi così, per divertimento. Per esempio, sono immaginari quasi tutti i trattati che Sherlock Holmes cita nelle conversazioni con Watson. Per non parlare del Necronomicon, che è un libro mai scritto inventato da H. P. Lovecraft, volume diabolico sul cui contenuto si possono formulare solo ipotesi, e che provoca conseguenze terribili in chi lo legge. Sarebbe stato composto da un certo Abdul Alhazred, poeta folle di Sana’a, capitale dello Yemen, vissuto nell’VIII secolo dopo Cristo. Qualche biblioteca lo ha messo persino in catalogo».
Da ciò che risulta ai bibliofili improvvisati detective, Il guardo della farfalla o come altrimenti si chiama fu scritto, guarda caso, nella grande e fantasmica biblioteca. Non basta. La sua vicenda editoriale si annoda a un evento accaduto nel cuore degli anni di piombo, luglio 1976. Un omicidio di stampo terroristico e una piccola catastrofe ambientale - una nube di diossina sprigionata da uno stabilimento industriale.
Il tono qui si fa più serio, ma ha un risvolto tra beffardo e grottesco. Quello dominante nel romanzo è di un’ironia elegante e benevola, molto piemontese come l’atmosfera, e talvolta fa ripensare a certe pagine di Nico Orengo. Ma a Baudino va soprattutto il merito di essere riuscito a dimostrare che un libro, da solo, non è mai colpevole di niente. Così, sapete chi non è l’assassino.
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI




Oggetti quasi esotici e dal lungo passato, i libri - gli oggetti di carta arresi alla polvere che chiamiamo libri - hanno qualcosa di romanzesco. Si prestano cioè a essere protagonisti o testimoni muti di storie cariche di mistero, a diventare i MacGuffin di qualunque trama. Non è insolito che le biblioteche, private o pubbliche, si manifestino come fondale solenne e angosciante di vicende enigmatiche. Così Mario Baudino, che la sa lunga in fatto di libri e ha mostrato una certa passione per l’esoterismo, mescola nel nuovo romanzo - Lo sguardo della farfalla (Bompiani, pp. 240, € 17) - più ingredienti a lui familiari.
Ne viene un libro prima giallo e poi thriller, che è anche un libro sui libri pieno di libri e di librai. Si parte appunto da una enorme biblioteca - strana, preziosa e pesante eredità caduta nelle mani di un docente universitario e che una banda di bibliofili di provincia è tenuta a valutare. Maledetti libri!, si sente esclamare già nelle prime pagine. E non a torto: se ci sono di mezzo carta e inchiostro, le cose si complicano di sicuro. Questi librai, cartolai, «collezionisti selvaggi», come cavalieri erranti con un debole per il Barolo chinato, si trovano impelagati in un’avventura più grande di loro. Dicono di avere un cuore («Benché librai, un cuore ce l’abbiamo eccome. Un cuore e tutto il resto»), e batte più del dovuto, anche per paura.
La biblioteca - luogo immobile e silente come pochi altri - qui si anima, non solo perché qualcuno fruga tra i volumi e li muove, li sposta - una famiglia di topi? o chi? -, ma perché i libri stessi hanno tutta l’aria di non starsene fermi. Sì, certo, i libri, «tecnicamente, non esistono in sé e per sé, ma solo nel momento in cui un lettore li afferra e ne apre le pagine». Almeno così saremmo portati a credere. Ma nel romanzo di Baudino, e nella biblioteca che vi troneggia, «i libri urlano, gemono, si contorcono». Aiuto! Non si può stare tranquilli nemmeno fra autori defunti e sommersi dall’oblio, se poi tocca scoprire che scrittori morti possono perfino copiare da autori vivi. Sì, avete letto bene.
E se ci mettete una improvvisa sparizione, qualche colpo di arma da fuoco, un killer e parecchia neve, capite che questa non è una storia rosa. C’è di più: un titolo in apparenza rassicurante e innocuo - Lo sguardo della farfalla - che si rivela via via come un meta-titolo. Ovvero, il titolo di un libro misterioso e scomparso, il cui ritrovamento implica qualche milione di euro. Ma si chiamava Il guardo della farfalla o Il
guado della farfalla? E chi era l’autore? E che fine ha fatto?
«Seguimi, benedetto ragazzo. Nulla vieta che il libro sia uscito come Guado, ma nel giro di pochi giorni la tiratura sia stata ritirata e sostituita con un’altra, modificandone il titolo. Quindi Guardo, che suona anche meglio. Come sarà mai il guardo, cioè lo sguardo, di una farfalla? Le farfalle ci guardano? E con che occhi? Quelli della testa, che sono una specie di agglomerato, una palla di lenti minuscole, o magari quelli delle ali, che sembrano occhi ma non lo sono, e servono a spaventare i predatori? Mica male davvero».
Qui bisogna scomodare - oltre al Nero Wolfe di Stout e a Edgar Allan Poe, direttamente chiamati in causa - anche Borges e Wilcock, abilissimi nelle recensioni di libri inesistenti. Baudino ci offre un piccolo, delizioso trattato sui libri immaginari, «quelli che non esistono ma vengono inventati da maniaci di vario genere, che ne compilano liste e cataloghi così, per divertimento. Per esempio, sono immaginari quasi tutti i trattati che Sherlock Holmes cita nelle conversazioni con Watson. Per non parlare del Necronomicon, che è un libro mai scritto inventato da H. P. Lovecraft, volume diabolico sul cui contenuto si possono formulare solo ipotesi, e che provoca conseguenze terribili in chi lo legge. Sarebbe stato composto da un certo Abdul Alhazred, poeta folle di Sana’a, capitale dello Yemen, vissuto nell’VIII secolo dopo Cristo. Qualche biblioteca lo ha messo persino in catalogo».
Da ciò che risulta ai bibliofili improvvisati detective, Il guardo della farfalla o come altrimenti si chiama fu scritto, guarda caso, nella grande e fantasmica biblioteca. Non basta. La sua vicenda editoriale si annoda a un evento accaduto nel cuore degli anni di piombo, luglio 1976. Un omicidio di stampo terroristico e una piccola catastrofe ambientale - una nube di diossina sprigionata da uno stabilimento industriale.
Il tono qui si fa più serio, ma ha un risvolto tra beffardo e grottesco. Quello dominante nel romanzo è di un’ironia elegante e benevola, molto piemontese come l’atmosfera, e talvolta fa ripensare a certe pagine di Nico Orengo. Ma a Baudino va soprattutto il merito di essere riuscito a dimostrare che un libro, da solo, non è mai colpevole di niente. Così, sapete chi non è l’assassino.
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI






Oggetti quasi esotici e dal lungo passato, i libri - gli oggetti di carta arresi alla polvere che chiamiamo libri - hanno qualcosa di romanzesco. Si prestano cioè a essere protagonisti o testimoni muti di storie cariche di mistero, a diventare i MacGuffin di qualunque trama. Non è insolito che le biblioteche, private o pubbliche, si manifestino come fondale solenne e angosciante di vicende enigmatiche. Così Mario Baudino, che la sa lunga in fatto di libri e ha mostrato una certa passione per l’esoterismo, mescola nel nuovo romanzo - Lo sguardo della farfalla (Bompiani, pp. 240, € 17) - più ingredienti a lui familiari.
Ne viene un libro prima giallo e poi thriller, che è anche un libro sui libri pieno di libri e di librai. Si parte appunto da una enorme biblioteca - strana, preziosa e pesante eredità caduta nelle mani di un docente universitario e che una banda di bibliofili di provincia è tenuta a valutare. Maledetti libri!, si sente esclamare già nelle prime pagine. E non a torto: se ci sono di mezzo carta e inchiostro, le cose si complicano di sicuro. Questi librai, cartolai, «collezionisti selvaggi», come cavalieri erranti con un debole per il Barolo chinato, si trovano impelagati in un’avventura più grande di loro. Dicono di avere un cuore («Benché librai, un cuore ce l’abbiamo eccome. Un cuore e tutto il resto»), e batte più del dovuto, anche per paura.
La biblioteca - luogo immobile e silente come pochi altri - qui si anima, non solo perché qualcuno fruga tra i volumi e li muove, li sposta

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