lunedì 1 febbraio 2016

30 anni di Micromega


L'impostazione culturale liberaldemocratica, azionista e anticlericale di questa rivista non può essere condivisa completamente da una prospettiva marxista. è ovvio. Si tratta comunque di un luogo di dibattito tra i più importanti nel nostro paese [SGA].


Micromega, trent’anni di battaglie illuministe

La rivista italiana più attenta al confronto culturale, politico e filosofico festeggia con i suoi lettori un compleanno speciale
ROBERTO ESPOSITO Repubblica 1 2 2016
Micromega compie trent’anni. Ed è il direttore Paolo Flores d’Arcais a rivendicare, in occasione di questo compleanno così importante, la scelta di coerenza, libertà, coraggio che ha sempre caratterizzato la rivista. Nata in un momento in cui chiudevano altre riviste politiche italiane, in crisi di pubblico e di idee, la sua pubblicazione,
per iniziativa di Giorgio Ruffolo e dello stesso Flores d’Arcais, costituiva una doppia sfida. Nei confronti di un mercato editoriale afflitto dai primi sintomi di malattia della carta stampata; e nei confronti del ceto politico italiano, incapace di avvertire il collasso che di lì a poco lo avrebbe travolto. Il muro che proteggeva in Europa l’equilibrio bipolare e in Italia la prima Repubblica stava per andare in frantumi.
Ma ancora alla metà degli anni Ottanta erano in pochi a scommettere sul suo crollo. Il gruppo di Micromega fu tra questi e a ciò deve la sua vita lunga e produttiva. Flores d’Arcais, subentrato dopo pochi anni alla direzione della rivista, capì che non era più tempo di esitazioni e di compromessi. Una stagione si chiudeva in modo irreversibile e occorreva elaborare una nuova cassetta degli attrezzi per affrontare le novità che si annunciavano.
I fronti su cui Micromega scelse all’inizio i impegnarsi erano soprattutto tre: a favore del dissenso nei Paesi dell’Est, ancora esposti alla ottusa repressione del regime sovietico; a favore della legalità contrastata sempre più ferocemente dall’offensiva della mafia, culminata nel 1992 con le stragi di Capaci e di via d’Amelio; e a favore di una rinascita della sinistra, sopraffatta, a partire dal 1994, dal berlusconismo.
Si può dire che soltanto la prima di queste tre battaglie sia stata vinta, anche se con esiti problematici sul piano delle relazioni internazionali e del processo di integrazione europea. Le altre due sono ancora in corso, con risultati incompleti e ambivalenti.
Ma la forza della rivista si è sempre espressa soprattutto sul terreno culturale. Nel giro di pochi anni, Micromega è diventata l’unica rivista politica italiana, con la parziale eccezione del Mulino, capace di fare opinione all’interno dell’area di sinistra. E anzi in certi anni, in particolare con gli Almanacchi di filosofia, ha costituito l’arena in cui filosofi italiani e internazionali si sono confrontati sui grandi temi del nostro tempo.
A questa prima fase di forte apertura culturale, durata fino alla soglia del nuovo secolo, ne è seguita una seconda in cui la rivista ha privilegiato un doppio ambito tematico, più rispondente alle propensioni politiche e culturali del suo direttore. E cioè la difesa dell’autonomia della magistratura sul piano politico e l’opzione atea e naturalista, sul piano filosofico.
Un elemento è però rimasto costante, fortemente presente anche in questo fascicolo del trentennale. E cioè l’opzione per una democrazia partecipativa allergica ai partiti, difesa con la solita passione e il consueto rigore da Flores d’Arcais. Una visione di principio che in questo numero speciale, vista la ricorrenza, si concretizza nel confronto franco tra due protagonisti di primissimo piano del quadro filosofico internazionale, Alain Badiou e Marcel Gauchet. E anche in un’intervista alla filosofa radicale americana di ispirazione marxista Nancy Fraser.
Il dibattito che ne risulta è di alto livello perché contrappone in maniera esplicita due interlocutori, pure uniti dalla critica comune agli esiti dell’attuale predominio del mercato, situati su sponde assai lontane.
Se Badiou ritiene la democrazia necessariamente coinvolta nella macchina capitalistica e dunque, da un punto di vista comunista, da contestare, Gauchet, da tempo ben noto ai lettori di Micromega, ritiene sia il capitalismo sia la democrazia riformabili dall’interno, a patto di liberarsi della deriva individualista che impedisce ogni forma di legame sociale e nazionale.
È evidente, per chi conosce il percorso intellettuale di Flores d’Arcais, la sua distanza “asimmetrica” da entrambi le posizioni. Se nei confronti di Badiou la sua riserva è radicale, come non potrebbe non essere per chi fin da tempi non sospetti ha fatto propria la polemica antitotalitaria di Hannah Arendt e Albert Camus in difesa di una democrazia radicale, neanche Gauchet gli è vicino. Soprattutto in merito alle due stelle polari di
Micromega. E cioè il nesso politica- diritto e la questione della secolarizzazione – tema, quest’ultimo, che non viene affrontato nella discussione con Badiou.
Quanto al primo punto, mentre Gauchet difende il primato del politico nei confronti del diritto, attribuendo alla eccessiva invadenza delle Corti di giustizia l’impasse in cui si trova l’Unione Europea, Flores d’Arcais, al contrario, individua nel diritto il fronte primario della lotta politica. Solamente se libera dalla presenza invadente dei partiti e affidata all’iniziativa della società civile, la politica potrà garantire i diritti di tutti e di ciascuno. Contrariamente alla maggioranza dei politologi, che vedono nella dissoluzione dei partiti il problema maggiore delle democrazie rappresentative, Flores d’Arcais ritiene che sia la loro invadenza a impedire un pieno sviluppo democratico.
L’altro polo dialettico riguarda la questione della secolarizzazione – da Flores intesa come necessaria rottura con il cristianesimo, da Gauchet come il suo stesso portato. Si tratta di un punto decisivo, intorno al quale ruota l’intero dibattito teologico e politico contemporaneo. Il cristianesimo va accantonato come una gravosa eredità di cui semplicemente disfarsi o costituisce una irrinunciabile risorsa simbolica per la stessa cultura illuministica di cui Micromega si fa portatrice? È una delle grandi questioni che la rivista certamente affronterà nei suoi prossimi trent’anni.

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