martedì 2 febbraio 2016
Nostalgie di Kolyma
Risvolto
Nel 2014, la prestigiosa casa editrice Faber & Faber ripubblica Kolymsky Heights,
il romanzo di spionaggio che Lionel Davidson scrisse nel 1994. Il
successo, a distanza di vent'anni, è immediato e rivela al mondo uno
scrittore. È stato detto che Le montagne ghiacciate di Kolyma è
un capolavoro, il miglior thriller mai scritto (Pullman), ma perché? Per
il suo impianto classico innanzitutto. Uno scienziato morente,
imprigionato in un laboratorio sovietico perduto in un'immensa e
desolatissima Siberia, fa pervenire un disperato messaggio in codice a
Johnny Porter, indigeno canadese del popolo Gitskan, erudito, scienziato
e profondo conoscitore dei dialetti siberiani: lo supplica di
raggiungerlo in segreto, a tutti i costi, lui, lui solo. E
Porter, agente dei servizi segreti americani, accetta la sfida; compie
un viaggio impensabile, rischia la vita per un segreto cifrato e poi
tenta la più grande fuga di tutti i tempi, quasi impossibile. Andata e
ritorno perciò, non diversamente da tanti altri romanzi. Ma pochi sono
gli scrittori che, come Davidson, riescono a incastrare i dettagli nella
storia con tanta intelligenza, passione e necessità. Basta leggere di
come Porter riesce a infiltrarsi su una nave giapponese sostituendosi a
un marinaio coreano – la sua bravura nel parlare esattamente quel
particolare dialetto coreano, la sua capacità di imparare a memoria le
mappe della nave, come si sostituisce in modo perfettamente plausibile,
invisibilmente, al marinaio di cui prende il posto e di come, infine, si
procura i documenti e i falsi permessi senza lasciare tracce, senza che
nessuno si accorga di nulla... E ancora – episodio destinato a rimanere
celebre nella letteratura di spionaggio –di come Porter si procura il
mezzo per percorrere le migliaia di chilometri della fuga. Una jeep che
si costruisce da solo in una caverna di ghiaccio a 50 gradi sotto zero,
nella desertica regione di Kolyma, lavorando giorno e notte e rischiando
di morire di fame, avvitando ogni singolo pezzo e bullone con tale
perizia ingegneristica che ci si domanda se davvero Davidson non abbia
prima provato a costruire quella jeep nel suo garage e soltanto in
seguito, verificata la possibilità reale, abbia deciso di metterla nel
suo libro. E poi il paesaggio, impressionante per come si presenta agli
occhi e ai sensi del lettore, un inferno di ghiaccio eterno nelle notti
senza fine della Siberia. E poi le figure femminili, indimenticabili per
la loro tenerezza e, certe volte, per la loro spudoratezza. E ancora la
paura, il coraggio, l'ambientazione selvaggia, l'intreccio romanzesco, i
dialoghi sofisticati, le invenzioni narrative. Imperdibile, parola di
Robert Harris.
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