domenica 7 febbraio 2016

Le "Lettere alle amiche" di Céline

Risultati immagini per Céline: Lettere alle amicheLouis-Ferdinand Céline: Lettere alle amiche, a cura di Colin W. Nettelbeck, Adelphi, pp. 258, euro 15

Risvolto
A sei donne incontrate fra il 1932 e il 1935, quasi tutte sue amanti occasionali, sono indirizzate queste lettere di Céline, dove sempre risuona la petite musique del suo stile. Sei donne che Céline continua a seguire e proteggere: e, se si guarda bene dal parlare d’amore, non lesina consigli su come usare gli uomini nel modo migliore, cioè «per il piacere e per i soldi». Ma soprattutto, lettera dopo lettera, con una generosità che rende lacerante la violenza autodenigratoria («Già vecchio, depravato, non ricco, malmesso insomma. Tutt’altro che un buon partito. Battona e malfido»), non cessa di illuminare per barbagli, a loro beneficio, il mondo. In fondo, scrive a Évelyne Pollet, «Crepare dopo essersi liberato, è almeno questa l'impresa d'un Uomo! Aver sputato ogni finzione...». 

«Sesso e cultura peruscire dalla miseria» 
7 feb 2016  Libero SIMONEPALIAGA 
Nelle lettere alle amiche, filonazistema anche ebree, Céline si dimostra pieno di attenzioni, incoraggiandole e consigliando loro il miglior partito. Senza ipocrisie o ricercatezze letterarie 
«Visto che i non giudei sono così scemi, espieranno tutta la loromollezza, la loro effimera vanità, la lorocriminale credulità. Peggioper loro! Semprecosìpresi dallepiccinerie, dal loropiccolobuco del culo, dai loro miopi amori. Nonvedonomai il latograndedellecosedovesiprepara il loroinferno. Pazienza!... Ma lei sopravvivrà, amica bella, e anche i suoi, e il mondo ripartirà... con ottimismo». In questo stralcio di lettera a Evelyne Pollet del febbraio del 1939 c’è tutto Louis-Ferdinand Céline. Magari sorprenderàleanime belle non trovare idiosincrasie antisemite o solo livore, ma una puntutasferzataagliarianiel’incoraggiamentoalladonna. Eppure il signor Destouches è anche e soprattutto quanto non ci si aspetta. Lo scrittore francese Louis-Ferdinand Céline nel 1932, quando vinse il Prix Renaudot 
Questa e le altre Lettere alle amiche curate da Colin W. Nettelbeck ( pp. 258, euro 15) che Adelphimanda in libreria il prossimo11 febbraiosquarcianoqualche velo che oscurava ilmaggiore degli scrittori francesi del Novecento. Maggiore ma anche il più discusso per le sue intemperanze politiche e per i pamphlet contro gli ebrei che lo costringeranno all’esilio in Danimarca per fuggire all’epurazionedi cui sarebbe stato oggetto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ma questo è solo uno degli aspetti e tra i più noti diCéline. Altrimenoconosciutiemergonoinvecepropriodaquesteinattese corrispondenze. 
Tra le righe delle missive, che coprono un arco di tempo che va dal 1932 al 1939, si trova unCéline a tutto tondo, privo di infingimenti e senza ricercatezze letterarie. Forse perché, confessasempre alla Pollet, «crepare dopo essersi liberato, è almeno questa l’impresa d’unUomo! Aver sputatoogni finzione». 
Nonmancanoovviamentei tipici refrain politici diMonsieur Destouches spesso ambivalenti e in contraddizione tra loro. «L’Umanità, e specie i letterati, è statarammollitadaipiaceridell’intelligenza, sui quali blatera». Oppure l’autodifesa: «In conseguenza del mio atteggiamento antisemita ho perso tutti imiei incarichi (Clichy ecc.) e mi presento in tribunale l’8 marzo», scrive all’austriaca di origini ebraicheN. a pochimesi dallo scoppio della guerra. «Vede che anche gli ebrei sono deipersecutori. Qui siamoletteralmente invasi sa e per giunta ci esortano apertamente alla guerra. Devo dire che tutta la Francia è filosemita - tranne me credo - sicché è chiaro che ho perso». O ancora «la folliaHitler finirà coldominarel’Europa», a cui fannodacontrocanto le chiuse di alcune lettere conun perentorio «HeilHitler», anche se non si capisce se fatto perconvinzione, pergustodell’ironia o se per intortareErika Irrgang, che lavorava presso il settimanale nazionalsocialista Völkischer Beobachter. Come non difettano considerazioni sparse sulla condizione del suo tempo. «Lapoveraumanità bianca», scrive sempre a N., «vuol perire nel laidume. Si direbbe un vecchio generale “Europ” piuttosto sanguinario e rimbambito - ignobile». 
Ma cisonoanche lepreoccupazioni per le vendite dei suoi libri, il Goncourt strappatogli dimano o i resocontidei viaggi inAmerica o a Mosca: «Sono tornato dalla Russia, che orrore! che ignobilemontatura! che sporca stupida faccenda! Com’è grottesco, astratto e criminoso tutto questo! Insomma!». Fosse però tutto qui sarebbe il solito Céline, l’eterno adirato e il genio della parola. Se Céline può essere considerato solito, naturalmente! Ma l’epistolario offre qualcosa di più, che non sia il letterato o l’uomo pubblico. Il rapporto con l'altro sesso fa vedere quanto di solito non si vede. O che appena si coglie nel ritmo delViaggio al termine della notte odiMorte a credito. Qui l’affetto, l’attenzione, la preoccupazione nei confronti delle sei donne con cui intrattiene gli scambi di lettere è comeunbasso continuo. Che si tratti di sue amanti o di amiche, la studentessa tedesca Erika Irrgang, l’insegnante di ginnastica austriaca N., la giornalista Elisabeth Porquerrol, la letterata belga Evelyne Pollet, la ballerina danese Karen Marie Jensen o la pianista franceseLucienneDelforge, offrono a Céline l’occasione di uscire dal guscio senza però mai rinunciare al suo timbro. 
«Lei ha tutto per farcela», incoraggia Erika Irrigang, «anche se è povera, anche nella situazione attuale, ha un’intelligenza pronta e autenticae profonda, è bella, ègiovane e precoce, è appassionata e audace. Deve uscire quanto prima dallamiseria e dalla confusione. Usi tutte le sue armi, tutt’insieme, tutte, il sesso, il teatro, la cultura, il lavoro. Ma simantenga in salute. Niente amore senzapreservativo, altrimenti da dietro». 
AncheaN. nonrisparmiaconsigli: «Le vogliomolto bene e ho paura per lei riguardo al futuro. Il romanticismo della vita modesta e dei piccoli risparmi ha un suo fascino solo se c’è una grande passione...». E la incoraggia verso una situazione sentimentale più stabile: «Questo professorone finirà col volerle bene anche lui. Per me non è una sorpresa. Lei è da ogni punto di vista la donna amabile per eccellenza. Borghese non vuol diremolto, bisogna dire piena di attenzioni e questo è quasi tutto ciò che possiamo darci reciprocamente». Il Céline che comparenelle Lettere alleamiche è insomma molto diverso da quanto gli stereotipi farebberoimmaginare.

Céline, viaggio al termine dell’harem
NelleLettere alle amichegiochi goliardici e ossessioni erotiche. Angustiato dalla pesantezza della materia era attratto soprattutto dalle levità delle danzatrici Ernesto Ferrero Stampa 22 2 2016
Un harem decentrato e itinerante, una multinazionale dell’eros ginnico. A tirarne le fila, un Monsieur Verdoux nonviolento, uno scacchista che movimenta le sue pedine amatorie con talento spregiudicato, un Machiavelli della banlieue che dispensa consigli di cinismo pratico. È il dottor Louis Destouches, medico dei poveri e titolare del Dispensario di Clichy, nella più sofferente delle periferie parigine. All’inizio degli anni 30 diventa scrittore, assume il nome della nonna, si trasforma in Céline, e scrive il romanzo d’esordio più fragoroso di tutto il ’900, il Viaggio al termine della notte, in cui il secolo è già fissato magistralmente in quel che è e sarà.
Un capolavoro anarcoide, grondante di amore deluso per gli uomini, un evergreen che è ancora capace di conquistare i giovani d’oggi. Le Lettere alle amiche del dottor Destouches non ancora del tutto Céline arrivano in Italia con molto ritardo, ma del gran romanzo restano parenti abbastanza strette (traduzione di Nicola Muschitiello, Adelphi, pp. 260, € 15). Vi si può riconoscere anzitutto quel culto della donna, «una sorta di musica di fondo», come chiave d’accesso ai misteri della vita.
Perfezione fisica
La predilezione di Céline è anzitutto fisiologica, va alla perfezione del corpo femminile, mirabilmente incarnata da ballerine e ginnaste. Angustiato dalla pesantezza malevola della materia, anela la levità con cui la ballerina, abolendo la forza di gravità, si libra senza peso sulla cresta dell’attimo. Sono danzatrici Elizabeth Craig, l’americana che dopo un difficile ménage di otto anni nel 1933 se ne torna in patria, convinta che quell’uomo tormentato non le possa assicurare un futuro stabile (e vedrà giusto); e Lucette Almansor, la piccola, diafana ballerinetta dell’Opéra che diventerà la sua seconda moglie, un angelo di luminosa bontà e dedizione, tuttora vivente a 104 anni.
In mezzo, ragazze spregiudicate che si assomigliano tutte, fascino perverso e cosce perfette. Così la danese Karen Maria Jensen, volto da diva, occhi blu e capelli neri, che spopola in un balletto di scena a Parigi, misteriosa, quasi inaccessibile («Che peccato che tu non sia un po’ più dolce. Saresti divina»). Anche Cillie Pam, che lui chiama N., è una campionessa di perfezione fisica. Ha 27 anni, è un’austriaca di origini ebraiche che insegna ginnastica a Vienna. Possiede un popo, culetto in tedesco, che manda letteralmente in visibilio il dottore. Non c’è lettera in cui non ci giochi un po’, con insistenza goliardica.
Cultura, salute e sesso
Erika Irrgang invece gli cade letteralmente tra le braccia. È una giovane pubblicista tedesca dai grandi occhi, impegnata a sinistra, che è venuta a Parigi con pochi soldi, fa la fame, e un giorno sviene in un caffè. Lui se la porta a casa, le diagnostica un’anemia grave, la rifocilla a bistecche, poi la trascina con sé nelle scorribande notturne in quartieri malfamati. Quando lei torna in patria, le prodiga consigli pratici per uscire «dalla miseria e dalla confusione»: «Usi tutte le sue armi, tutt’insieme, tutte, il sesso, il teatro, la cultura, il lavoro. Ma si mantenga in salute. Niente amore senza preservativo. Altrimenti da dietro. E coltivi il campo della letteratura e del teatro, se è un modo per farcela. Tenga d’occhio gli hitleriani ma attenzione, legga bene i giornali, non sia disinteressata dal punto di vista politico come tutte le donne». Può diventare paterno: «Lei ha un’indole eccellente e coraggiosa […] ma deve fare le cose usando la logica - il genio è una combinazione di follia e furbizia […]. Io qui faccio molta fatica -. È tutto molto difficile. Il libro [il Voyage. ndr] esce all’inizio d’ottobre. Ma sa, la letteratura è Morte. A tenerci in vita è solo l’affetto per le persone e le cose. Tutto il resto è niente».
Dell’harem fa parte una scrittrice belga di romanzi sentimentali, Evelyne Pollet, coniugata con prole, che perde letteralmente la testa per il bel tenebroso, ma è portatrice di un’idea di letteratura da salotto buono che è l’esatto contrario di quella di lui. E c’è anche una pianista di fama internazionale, Lucienne Delforge. Il legame durerà poco: sono troppo artisti tutti e due per potersi dedicare a un partner.
Con tutte, il dottore recita la parte del Grande Cinico che ha conosciuto il male del mondo e scongiura le amiche di sposare uomini facoltosi e non fare bambini. Un vieux garçon che irride il romanticismo (lo chiama «il bidet lirico»), convinto che «la volgarità comincia nel sentimento»: «Lei mi vuole bene, N., ma le faccio rabbia. Non parlo abbastanza d’amore. “Parlez-moi d’amour!..”. Ma non ci riesco. Non parlo mai, non ho mai parlato di queste cose. Parlo di popo. Capisco solo il popo. Mangio popo. Non sono adatto che al popo».
Fautore del sesso come sana pratica sportiva, predica il vizio come un sadiano e si diletta di combinare amori di gruppo a prevalenza lesbica, di cui sembra essere più regista e spettatore che attore. La trasgressione erotica pare quasi essere un po’ il pendant di quella stilistica, ricerca esasperata (e angosciata) di una petite musique che nessuno ha ancora composto.
L’orrore del fascismo
Intanto l’Europa si avvia alla tragedia. Nell’aprile 1933 il futuro antisemita comincia a preoccuparsi per la sua giovane amica ebrea N., teme l’invasione dell’Austria: «Pare proprio che alla fine Hitler schiaccerà l’opposizione come in Italia […]. La follia di Hitler finirà per dominare l’Europa per secoli. Il signor Freud non può farci niente». Nel febbraio del 1934 scrive: «Anche noi ora siamo avviati al fascismo […]. Sembra non finir mai l’Orrore». Il suo pessimismo annuncia un disastro epocale: «La ferocia delle masse è solo in attesa d’un pretesto. Qui o là, è lo stesso sadismo, la stessa opaca inerzia delle anime e dei corpi. Niente da fare. La nostra è una razza fallita[…]. L’Europa è troppo inebetita, troppo incancrenita, troppo corrotta». Il disgusto per il mondo cresce con il viaggio in Russia del 1936: «Che orrore! Che ignobile montatura! Che sporca stupida faccenda! Com’è grottesco, astratto e criminoso tutto questo!». Céline resta solo con i suoi deliri, le sue ossessioni, le sue certezze: «L’unico inventore del secolo! Io! Io! Io! Qua, davanti a lei! L’unico geniale, lo potete ben dire! Maledetto o non maledetto!».

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