Giorgio Manganelli:
Ufo e altri oggetti non identificati 1972-1990, Mincione Edizioni
Risvolto
In questo volume si raccolgono, per la prima volta in digitale, gli scritti dedicati da Giorgio Manganelli (tra il 1972 e il 1990) al fantastico, agli UFO, alla fiaba, alla fantascienza, all'elettronica, agli automi, ai telefoni, insomma a tutto quello che secondo l'autore costituisce il territorio del mito moderno. L'idea del futuro, come l'idea del telefono o dell'astrologia, gli suscitano una molteplicità di considerazioni e riflessioni che prendono la forma della chiacchiera o della satira e lo sollecitano a discorrere - il registro non di rado è quello umoristico (e molti pezzi infatti sono corsivi) - dell'uomo tecnologico come di un essere che, analogamente al cavernicolo, è insoddisfatto del "reale" e proteso a conquistarsi come che sia un po' di favola. Per Manganelli la "facoltà mitologica" dell'uomo è un dato certo: l'arte e la scienza ne sono la dimostrazione.
"Sono molti i nuovi lettori di Manganelli: quelli che l'hanno scoperto recentemente e quelli che lo hanno riscoperto dopo averlo archiviato per anni come 'scrittore per soli iniziati'.
Il 'Manga', come veniva chiamato da amici ed estimatori, ultimamente sta uscendo dalla nicchia nella quale era stato confinato da critici e studiosi: il Manga complesso e 'difficile', che per essere letto e capito aveva bisogno di lettori in possesso di almeno un paio di lauree, viene man mano sostituito dal Manga leggibile, godibile e molto spesso divertente. E' il caso di questa raccolta di testi sugli Ufo, la fantascienza e quant'altro; un libro forse inaspettato: cosa avranno mai in comune il Manga e la fantascienza? Molto più di quanto si possa pensare.
Se è vero - e credo che nessuno possa metterlo in dubbio - che Manganelli è un cultore, se non un creatore, di 'miti', come meravigliarsi se a un certo punto ha sostituito agli dei e al loro mondo - a miti come l'amore e l'inferno - un mondo molto più tecnologico e 'futurista'? Da buon profeta, e a più di vent'anni dalla sua scomparsa, ne siamo testimoni, ci mette in mano la mappa del nostro futuro, come all'inizio della sua carriera di scrittore ci aveva messo in mano la mappa delle nostre angosce e delle nostre paure.
«Gli extraterrestri, una risorsa per l’Italia»
La conquista della Luna, le psicosi collettive, i dischi volanti sicuramente in volo sull’Abruzzo Nel saggio postumo «Ufo e...» GiorgioManganelli descrive il suo rapporto con la fantascienza
2 feb 2016 Libero
Prevedere dove vanno a finire le frasi di GiorgioManganelli è una cosa difficilissima.
Nel libroUfo e altri oggetti non identificati 1972-1990, da poco uscito perMincione Edizioni per la cura di Raffaele Manica, si raccontadiunmomento incuigliUfo erano «quegli oggetti non identificati che consentivano a persone di instabile equilibrionervoso ementale, tra le quali» dice Manganelli «mi annovero, momenti di vana ma onesta eccitazione». Delle loro ipotetiche apparizioni restavano «sui giornali fotografie enigmatiche, comese lemacchine fotografiche avessero scoperto le ambigue delizie dell'alcool: punti fosforescenti, cerchi, oggetti oblunghi». «Nonc'èpersona lievemente squilibrata» scrive Manganelli «che non abbia sperato di incontrarsi con quegli omarini cosmici, almeno di vedere le loro macchine volanti. Ovviamente» aggiunge «io preferisco crederci.
Ma, ormai, non è questo il punto. Che cosa vuol dire questo loro ritorno, e in luoghi così umili, così appartati? Li hanno visti sulla Spezia, dove si mangia così male, scommetto che varrebbe la pena impiantare degli osservatori ad Alessandria o a Foggia. A trent'anni eravamo così fiduciosi, così disperatamente ansiosi di vederli scendere fra noi; dopo vent'anni sono un recupero, uno di quei repèchages cosmici che ogni tanto i fabbricatori della moda lanciano nella nostra via lattea, sempre più smaniosa, vizza equagliata. Essendo un recupero di dubbio successo, cominciano con un giro in provincia; «Vediamo se alla Spezia fa effetto», sisaranno detti; «gli spezzini sono tutti d'un pezzo, sequelli si montano la testa passiamo subito all'Abruzzo e poi a Milano». Questaantologia degli scritti diManganelli contiene anche una prova dell'esistenza dei dischi volanti. «Non ho mai visto dischi volanti» c'è scritto «e questa è l'unica prova a favoredella loro esistenza che sono in grado di addurre. Infatti, se fosse un caso di psicosi collettiva, come qualcuno dice, non c'è dubbio che io ci sarei cascato. Insomma, se non ci fossero stati, io certamente li avrei visti. Ma non li ho visti, dunque non è improbabile che esistano». Un ribaltamento simile si ritrova in un articolo in cui Magnanelli parla dello sbarco sulla luna: «In questi giorni si fa un gran parlare di quella nottemagata in cui, vent'anni fa, l'uomo, più esattamente il signor Armstrong, mise un piede sulla luna, e recitò il suo temino che si era preparato a casa. Ricordo quella notte perché io andai a dormire come al solito e non assistei allo spettacolo straordinario. Stupido vero? Assolutamente. Ma lo rifarei. Voglio dire che non fu unamirabile impresa? Certo che lo fu, ma io non amo le mirabili imprese. Ne ho paura»; nonostante questa paura, Manganelli è un grande lettore di fantascienza: «Per anniconsumai fantascienza, come altri consuma whiskyo cocaina». Aquestidue temi, i dischi volanti e la fantascienza, Manganelli imparenta le fate e glignomi: «Misembra chenonabbia torto Carroll quando scrive» e suppongo fosse esattamente quello che pensava «di non provare alcun disagio mentale all'idea dell' esistenza delle fate. Vorrei aggiungere che la nostra diffidenza culturale nei confronti di qualcosa che pure continua ad affascinarci si fonda su due goffe tautologie: che la realtà sia realistica e che la natura sia naturale. La realtà include, dovete ammetterlo, i sogni, i numeri del lotto e il grande amore: quanto alla natura, non posso non pensare che esseri come la zebra - questa irriverente ed arcaica parodia della Juventus - come le farfalle, i pavoni, il colibrì, le lumache, sianonatidalla creatività diunanatura pernulla interessata ad essere naturale».
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