mercoledì 24 febbraio 2016

Riconosciuto in termini di legge lo status coloniale dell'Italia atlantica



Caso Abu Omar, Strasburgo condanna l’Italia 
Giustizia. La Corte europea dei diritti umani condanna lo stato italiano per il rapimento e la detenzione illegale dell'ex imam Abu Omar "prelevato" nel 2003 da un commando della Cia davanti alla moschea di viale Jenner a Milano. Secondo i giudici l'Italia ha applicato in modo improprio il segreto di stato. Per Claudio Fava, vice presidente della Commissione parlamentare antimafia, Renzi deve riferire in parlamento. Ferdinando Pomarici, il pm di Milano che insieme a Spataro condusse le indagini sul caso, azzardando un parallelo con la vicenda di Giulio Regeni si chiede come fa oggi il governo italiano a chiedere all'Egitto quella "chiarezza che noi invece non abbiamo avuto" al solo scopo di coprire gli agenti americani e la complicità dei nostri servizi 

Luca Fazio MILANO Manifesto 24 .2.2016, 23:59 
La sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo è pesantissima, circostanziata e senza appello e condanna l’Italia per il rapimento e la detenzione illegale dell’ex imam Abu Omar (fu prelevato da un commando della Cia il 17 febbraio 2003, a Milano, davanti alla moschea di viale Jenner e poi trasferito in Egitto dove venne torturato). Secondo la Corte, l’Italia, applicando in modo improprio il segreto di stato — tra il 2005 e il 2013 lo hanno fatto i governi Prodi, Berlusconi, Monti e Letta — ha violato alcuni principi fondamentali della Convenzione europea per i diritti umani. In particolare, la proibizione di trattamenti disumani e degradanti, il diritto alla libertà e alla sicurezza, il diritto a ricorrere alla giustizia e il diritto al rispetto della vita familiare. I giudici di Strasburgo hanno anche stabilito che l’Italia deve risarcire Abu Omar con 70 mila euro e sua moglie con altri 15 mila euro per “danni morali” (risarcimento beffardo, secondo l’avvocato dell’ex imam). La sentenza diventerà definitiva a maggio se lo stato italiano non otterrà un riesame dalla Corte di Strasburgo. La condanna, ovviamente, chiama in causa anche questo governo e il nuovo presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 
Nella condanna, infatti, si fa riferimento anche alla grazia che due presidenti della Repubblica (Napolitano e appunto Mattarella) hanno accordato a tre agenti americani condannati per l’operazione di extraordinary rendition di Abu Omar: secondo i giudici nessun essere umano può essere sottoposto a tortura e maltrattamenti a causa “dell’impunità derivante dall’atteggiamento dell’esecutivo e del presidente della Repubblica”. I tre atti di clemenza sono stati concessi nell’aprile 2013 al colonello Joseph Romano (capo della base di Aviano da dove partì l’aereo con a bordo Abu Omar) e lo scorso 23 dicembre al capo della Cia di stanza a Milano — Robert Seldon Lady — e all’agente Betnie Medero. Quasi inutile aggiungere che i tre non sono mai stati arrestati e continuano a vivere da liberi cittadini negli Stati Uniti d’America. C’è voluta la Corte europea per ricordare che “in materia di tortura e maltrattamenti da agenti dello Stato l’azione penale non può esaurirsi per effetto della prescrizione, e che l’amnistia e la grazia non devono essere tollerati in questi casi”. 
Claudio Fava, vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, chiama in causa il presidente del Consiglio Matteo Renzi. “La sentenza sul rapimento di Abu Omar — spiega — conferma quello che denunciamo da anni: l’uso strumentale, illegittimo e improprio del segreto di stato su questa vicenda, una illegittimità sulla quale si sono impegnati tutti i governi in carica negli ultimi dodici anni, nessuno escluso. A questo punto chiediamo che Renzi venga a riferire in parlamento per dire come pensa di rivedere l’uso improprio del segreto di stato. Il segreto va immediatamente rimosso da tutti gli atti che riguardano questa vicenda”. 
La Corte di Strasburgo, tra le altre cose, ha anche riconosciuto il puntuale lavoro di inchiesta svolto dalla procura di Milano che per anni è stata ostacolata dalle più alte cariche dello stato. La “soddisfazione personale” però non compensa la “grande amarezza” di Ferdinando Pomarici, il pm di Milano che con Armando Spataro condusse le indagini sul caso. Le sue considerazioni sono pesanti: “Noi, che siamo la culla del diritto, ci troviamo schiaffeggiati brutalmente. E’ dovuta arrivare la Corte di Strasburgo a riprenderci col righello per dirci: bambino queste cose non si fanno. Io e Armando abbiamo sopportato in silenzio trattamenti difficilmente sopportabili, noi, che abbiamo fatto della lotta al terrorismo metà della nostra attività professionale, siamo stati accusati ai politici di aver protetto un terrorista”. Pomarici azzarda un parallelo doloroso: “E’ un discorso ancora più amaro oggi, pretendiamo dal governo egiziano per la morte di Giulio Regeni di avere quella chiarezza che noi invece non abbiamo avuto. Mi aspetterei che il governo, se vuole essere autorevole agli occhi di Al Sisi, faccia luce ed elimini il segreto di stato”. Spataro, oggi procuratore capo a Torino, aggiunge una semplice lezione, e cioè che “le democrazie devono assicurare a tutti gli imputati, anche ai presunti terroristi, la possibilità di piena difesa e dunque il rispetto dei loro diritti”. 
Per il presidente dell’Associazione Antigone, Patrizio Gonnella, questa sentenza dovrebbe spingere l’Italia a riconoscere il delitto di tortura. “La tortura — aggiunge — è un crimine contro l’umanità e lo stato non può rimanere indifferente o, in alcuni casi come quello oggetto della pronuncia di Strasburgo, rendersi complice di governi torturatori”. Come l’Egitto.

Abu Omar, perché Strasburgo ci condanna 
Stefano Dambruoso Busiarda
La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per il caso Abu Omar, stabilendo che lo stesso era stato vittima di una «consegna straordinaria» iniziata con il suo rapimento il 17 febbraio 2003 da parte di 10 agenti della Cia. Il cittadino egiziano Abu Omar viveva in Italia dal 1998, a Milano. Appena rapito, è stato portato alla base aerea di Aviano per essere trasferito in Egitto, dove è stato incarcerato e sottoposto ad interrogatori durante i quali è stato torturato. Il 19 aprile del 2004 è stato nuovamente arrestato per essere rilasciato il 12 febbraio del 2007 col divieto di lasciare l’Egitto.
Dopo la denuncia della scomparsa da parte della moglie, la Procura di Milano ha avviato un’indagine, da me inizialmente coordinata, conclusasi con la richiesta di custodia cautelare nei confronti di 22 cittadini statunitensi, agenti della Cia. Gli organi inquirenti hanno pertanto richiesto l’estradizione nei confronti dei cittadini americani, istanza che i vari ministri della Giustizia succedutisi non hanno inoltrato alle autorità americane.
Nel corso del processo è stato opposto dagli imputati il segreto di Stato, dando vita a conflitti di attribuzione sollevati, presso la Corte Costituzionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per supposta invasione da parte degli Organi giurisdizionali nella sfera delle competenze politiche riservate alla Presidenza del Consiglio. Il 4 novembre 2009, il Tribunale di Milano ha emesso una sentenza in cui ha constatato che il sequestro era stato progettato e realizzato da agenti della Cia, sulla base di una decisione presa a livello politico. I 22 agenti della Cia sono stati pertanto condannati in contumacia. Il 14 gennaio 2014 la Consulta, smentendo la Corte di Cassazione, ha accolto il ricorso del Governo Italiano sul segreto di Stato. Nell’aprile 2013 il presidente degli Stati Uniti Obama ha chiesto di concedere la grazia ai 23 agenti della Cia condannati. Il 5 aprile 2013 il presidente della Repubblica Napolitano ha concesso la grazia a un ufficiale della Cia, condannato. Il 23 dicembre 2015 il Presidente Mattarella ha concesso la grazia a due ulteriori agenti americani. Nell’ottobre del 2015 la Corte di Cassazione ha confermato definitivamente la condanna a sei anni di reclusione per terrorismo internazionale nei confronti di Omar.
Con la sentenza di ieri la Corte europea ha condannato lo Stato italiano per il coinvolgimento nel rapimento. La Corte ha ritenuto sussistere la violazione dell’art. 3 (divieti di trattamenti inumani o degradanti) della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo sia dal punto di vista sostanziale che procedurale. Il governo italiano, secondo la Corte, sapeva e non poteva non sapere, e quindi è correo nelle attività di tortura. Inoltre, dal punto di vista procedurale, non ha fatto tutto quello che avrebbe dovuto fare per assicurare l’esecuzione della condanna. La Corte di Strasburgo sembra dire anche che il segreto di Stato opposto dalla Corte Costituzionale sia intervenuto su materiale probatorio già noto, per cui nessun segreto si sarebbe potuto apporre. Altre persone erano già state condannate, con riti alternativi perché correi per gli stessi fatti. Coloro che invece hanno potuto usufruire del segreto di Stato sono stati assolti. Si è creata, sembra dire la Corte, una disparità di trattamento tra soggetti colpevoli dello stesso fatto. Ed ancora: è possibile leggere apprezzamenti della Corte sulle estradizioni non richieste dal ministro della Giustizia italiano e sulle tre grazie concesse dal Presidente della Repubblica. Si tratta di giudizi consentiti alla Corte ma che sfiorano materie rientranti nella discrezionalità politica. La Corte, comunque, ha riconosciuto un risarcimento che ha tenuto forse conto anche della recente sentenza definitiva di condanna di Abu Omar a sei anni per terrorismo. 
Nella sentenza, infine, la Corte ha riconosciuto il grande valore del lavoro svolto dalla nostra magistratura. 
*Deputato di Scelta civica, da magistratoha condotto numerose inchiestesul terrorismo internazionale

«L’Italia responsabile delle torture subite da Abu Omar»

La Corte di Strasburgo condanna Roma perché, con il segreto di Stato, non ha reso giustizia all’imam rapito

di Luigi Ferrarella Corriere 24.2.16
Che paradosso: l’Italia, grazie all’autonomia e indipendenza dall’esecutivo garantita alla magistratura dagli assetti costituzionali, è stata l’unico Paese al mondo a «processare» un caso di extraordinary rendition , antiterrorismo praticato dagli Stati Uniti, ma ora, a causa del segreto di Stato calato da quattro governi italiani sul rapimento di Abu Omar nel 2003, è il secondo Paese del Consiglio d’Europa (dopo la Macedonia) a essere condannato dalla «Corte europea dei diritti dell’uomo» (Cedu).
Strasburgo, infatti, ieri ha condannato l’Italia per aver violato i principi della Convenzione quando — con l’apposizione del segreto di Stato da parte dei premier Prodi (2006), Berlusconi, Monti e Letta (2013), e con la non richiesta di estradizione dei condannati e latitanti agenti Cia da parte di 6 ministri della Giustizia (Castelli, Mastella, Scotti, Alfano, Palma e Severino) — non ha reso effettiva giustizia all’egiziano Nasr Osama Mostafa Hassan, detto Abu Omar: l’estremista imam torturato in Egitto dopo essere stato rapito da agenti della Cia il 17 febbraio 2003 a Milano, dove era indagato per associazione con finalità di terrorismo (6 anni di pena nel 2013).
All’esito della condanna definitiva di 26 latitanti agenti Cia, di cui però l’Italia non ha mai chiesto agli Usa l’estradizione (compreso l’allora capo della Cia in Italia, Jeff Castelli), e soprattutto del proscioglimento definitivo (dopo condanne in appello a 10 e 9 anni) degli ex vertici del Sismi Niccolò Pollari e Marco Mancini a motivo del segreto di Stato posto dai vari premier e sdoganato nella sua accezione più larga dalla Consulta nel 2014, Strasburgo considera l’Italia «direttamente responsabile» delle torture subìte da Abu Omar in Egitto dopo il rapimento a opera della Cia. I 70.000 euro di danni morali a Abu Omar e i 15.000 a sua moglie Ghali Nabila sono nulla rispetto al valore di principio della sentenza Cedu, in accoglimento del ricorso che taluni bollavano avventato quando a presentarlo coraggiosamente era stato nel 2009, a processi ancora in corso, l’avvocato Luca Bauccio. La Corte, infatti, rimarca che, «malgrado il lavoro degli investigatori» della Digos «e dei magistrati italiani» Spataro-Pomarici-Piacente, il processo «non ha portato alla punizione dei responsabili, a cui in ultima analisi è stata garantita l’impunità» visto che «il principio legittimo del segreto di Stato è stato chiaramente applicato dall’esecutivo italiano per assicurare che i responsabili non dovessero rispondere delle loro azioni».
La Cedu inserisce poi, tra le ragioni della condanna dell’Italia, anche la grazia a tre condannati latitanti agenti Cia concessa una dall’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano e due dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Nei casi di tortura e maltrattamenti inflitti da agenti dello Stato — addita Strasburgo —, l’azione penale non può esaurirsi per effetto della prescrizione, e l’amnistia e la grazia non devono essere tollerati».


La condanna europea per il caso Abu Omar: una lezione da imparare
Italia Una democrazia non può tradire se stessa legittimando con l’uso del segreto di Stato gli abusi su una persona e sui suoi diritti

di Armando Spataro Corriere 24.2.16
La Corte europea dei Diritti dell’uomo ha condannato il governo italiano per il segreto di Stato apposto nella vicenda del sequestro dell’egiziano Abu Omar, all’epoca indagato quale sospetto terrorista, rapito il 17 febbraio 2003 a Milano e poi trasportato in volo in Egitto, per esservi illegalmente detenuto e a lungo torturato. Per il sequestro sono stati definitivamente condannati un maresciallo dei carabinieri reo confesso e — caso unico al mondo — 26 americani, di cui 25 appartenenti alla Cia. A cinque di loro è stata negata l’immunità diplomatica.
La sentenza di Strasburgo, però, è collegata soprattutto alla incriminazione per concorso nel sequestro di cinque funzionari italiani del Sismi, tra cui l’alto ufficiale che lo dirigeva all’epoca dei fatti. Ben quattro capi di governo in successione (Prodi per primo, poi Berlusconi, Monti e Letta), tra il 2007 ed il 2013, sollevarono dinanzi alla Consulta vari conflitti di attribuzione contro le autorità giudiziarie procedenti, «accusate» di voler utilizzare elementi di prova ritenuti coperti dal segreto di Stato.
Dopo il silenzio del Copasir e dopo varie sentenze, anche della Consulta, la Corte d’appello di Milano, nel febbraio 2013, affermando che il segreto di Stato non può coprire attività illegali non rientranti nei compiti istituzionali dei Servizi, condannava l’ex n. 1 del Sismi a dieci anni di reclusione e gli altri funzionari a pene comprese tra i nove e i sei anni. Nel febbraio 2014, però, la Corte Costituzionale, a seguito dei «conflitti» sollevati dai governi Monti e Letta, annullava la condanna affermando che «la copertura del segreto» per scelta di chi «è titolare del relativo munus», poteva arrivare a coprire, oltre a direttive operative, «...i rapporti con i Servizi stranieri, anche se riguardanti le renditions ed il sequestro di Abu Omar. Ciò, ovviamente, a condizione che gli atti e i comportamenti degli agenti siano oggettivamente orientati alla tutela della sicurezza dello Stato». La Corte di Cassazione, pertanto, due settimane dopo, era costretta ad annullare definitivamente la precedente condanna, muovendo però forti critiche alla Consulta la cui «pronuncia sembra abbattere alla radice la possibilità stessa di una verifica di legittimità, continenza e ragionevolezza dell’esercizio del potere di segretazione con compromissione del dovere di accertamento dei reati da parte dell’autorità giudiziaria, che inevitabilmente finisce per essere rimessa alla discrezionalità della autorità politica».
Complicata ricostruzione dei fatti, dunque, ma doverosa per arrivare a capire come la Cedu abbia dato ragione alle tesi della Corte di Cassazione e della A.G.di Milano.
Il governo italiano, a dire il vero, è rimasto silente anche di fronte alle numerose Risoluzioni e Raccomandazioni emesse, tra il 2007 e il 2014, dal Parlamento europeo e dal Consiglio d’Europa che pure lo avevano invitato a revocare il segreto di Stato ed a collaborare con l’Autorità giudiziaria. Un silenzio spiegato con il dovere di riserbo derivante dai rapporti di alleanza con gli Stati Uniti che però mai avevano negato le proprie responsabilità nel sequestro ed il cui Senato, anzi, nel dicembre del 2014, è stato capace di condannare le prassi delle renditions, delle prigioni segrete e delle torture e di ammetterne l’assoluta inutilità rispetto al contrasto del terrorismo. Ed anche le indagini su Abu Omar e sui suoi complici, infatti, furono danneggiate dal rapimento dell’egiziano.
Il segreto di Stato — dice ora la Corte europea — ha reso impossibile giudicare gli italiani del Sismi e ciò in violazione della Convenzione dei Diritti dell’uomo.
Da Strasburgo, insomma, esce un messaggio forte per il mondo: le democrazie — come scriveva Antonio Cassese — non possono smentire se stesse negando i diritti fondamentali delle persone, anche se si tratta di terroristi.
Servirà a qualcosa la sentenza di Strasburgo? Forse a risarcire chi è stato rapito e torturato, ma difficilmente determinerà autocritiche da parte di chi ha deciso o legittimato con astrusi argomenti l’uso del segreto di Stato in questa vicenda. La nostra immagine ne esce frantumata, ma è inutile sperare che qualcuno pensi ad imitare la ministra della giustizia francese Taubira, capace di dimettersi per il solo rischio di vedere costituzionalizzata l’emergenza .
Procuratore della Repubblica di Torino 


L’ex pm Ferdinando Pomarici “Ci impedirono di indagare per noi pm è una rivincita”
Ci accusavano di difendere un terrorista... Renzi desecreta? Non ci scommetterei dieci euro

di Liana Milella Repubblica 24.2.16
ROMA. «Strasburgo? Una sentenza soddisfacente sotto il profilo personale, ma molto amara sotto quello istituzionale». Dice così Ferdinando Pomarici, pm con Spataro del caso Abu Omar.
Cos’ha provato a leggerla?
«È stata una rivincita, perché a me e ad Armando ne hanno fatte e dette di tutti i colori. Siamo stati accusati di proteggere i terroristi, di aver protetto Abu Omar, un presidente emerito della Repubblica (Cossiga, ndr.) ci ha denunciato alla procura di Brescia per attività sovversiva ai danni dello Stato. Siamo rimasti sotto inchiesta per sei mesi».
Verità ostacolata?
«Netta opposizione del segreto, il rifiuto di inoltrare agli Usa la richiesta d’arresto, come prevede il trattato bilaterale, ci ha impedito di arrivare alle responsabilità istituzionali ed eventualmente politiche».
Su cosa poggia la sua accusa?
«Non dimentico le parole di Pollari dopo il rinvio a giudizio: “Nessuno creda che se vado a fondo io, vado a fondo da solo, perché avrei tante cose da dire”».
Strasburgo fa giustizia?
«Non sono felice che l’Italia sia condannata per condotte di questa gravità».
Ostacoli a lei e Spataro?
«Ci hanno impedito di condannare Pollari e gli altri dirigenti del Sismi, quindi la parte italiana è rimasta impunita».
La Consulta ha aiutato?
«Ha emesso sentenze criticabilissime. Non dimentico il tentativo di intimidazione per aver criticato la prima sentenza della Consulta. Un portavoce della Corte mi disse che lì erano molto irritati e che la dovevo smettere perché altrimenti avrebbero chiesto l’azione disciplinare. Si vede che non mi conoscevano...».
Era giusto che Napolitano e Mattarella graziassero 3 protagonisti del caso Abu Omar?
« L’esercizio della grazia è prerogativa esclusiva del presidente, ma non è stato un segnale di opposizione agli Usa».
Chiede ancora di togliere il segreto?
«Il governo attuale non ha niente da rimproverarsi e dopo Strasburgo e Regeni potrebbe far riacquistare all’Italia la credibilità che ci siamo giocati, rendendo pubblici gli atti. Ma se dovessi scommettere 10 euro direi che nulla sarà fatto».

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