venerdì 18 marzo 2016
Sandokanmania in India
Anche gli indiani amano l’India di Salgari
Revival dei libri dello scrittore torinese, un’università bengalese lo celebra
Roberta Martini Busiarda 18 3 2016
Agli inglesi non è mai piaciuto. Non c’è una tradizione di Salgari in tutto il Regno Unito. Per trovare The Black Corsair bisogna rivolgersi agli editori canadesi. Le Tigri di Mompracem hanno però fatto il giro dell’Europa e dell’America Latina per approdare, a 105 anni dalla morte del padre del Corsaro Nero, in quell’India in cui tante volte Emilio Salgari era arrivato con la fantasia.
È fresco di stampa I misteri della giungla nera in bengalese, con quel golfo che lo scrittore aveva descritto dalla sua scrivania torinese che adesso si staglia sulla copertina: 328 pagine, per la collana I pirati della Malesia. I salgariani d’Italia ne sono felici, così come festeggiano il progetto nato in Assam, per merito della ricercatrice Alessandra Messali, che lavora alla Guwahati University.
Qui, sulle rive del Brahmaputra, il 26 marzo, andrà in scena uno spettacolo basato sui romanzi indù di Salgari, che in questo stato ha ambientato un intero ciclo di avventure. E questa volta La rivincita di Yanez avrà il volto etereo delle studentesse dell’Handique Girls College.
Non bastasse l’India, c’è da festeggiare il ritorno di Salgari in Russia, con la consulenza anche di uno degli esperti salgariani d’Italia più quotati, il vercellese Felice Pozzo. Popolarissimo tra fine Ottocento e inizio ‘900, il padre dell’avventura italiana fu sottoposto in Russia alla censura politica. Correva il 1928, quando in Italia la propaganda politica lo spacciava come precursore del regime. Bisogna aspettare fino al 1976 per la riscossa di Sandokan, che si deve forse anche agli occhi magnetici di un televisivo Kabir Bedi, con un sussulto di traduzioni e vendite ancora nel 1991.
Poi il silenzio, almeno fino ad oggi, con la collana «Salgariana» che la casa editrice di Vladimir Mamonov si sta impegnando a pubblicare. Si parte con Le pantere di Algeri, che in Russia non era mai stato tradotto, con belle illustrazioni di disegnatori italiani. Sarà una collana preziosa, per lettori d’élite, che affiancherà a Salgari anche scrittori minori del genere: Quattrini, Stocco, Giaccone, Contarini.
«Fino agli Anni 50 - racconta Pozzo - il padre del Corsaro Nero era tradotto in 34 lingue. Molto in Germania, perché c’era Karl May, una sorta di Salgari tedesco, e si poteva giocare sull’affinità elettiva». Era amato in Grecia, nella Francia che pure poteva contare sull’avventura di Giulio Verne, a L’Avana e in Cile. Negli Anni 70, con la complicità dello sceneggiato tv di Sollima, la platea lo riscoprì. Tra gli estimatori ci sono Sepúlveda e il Che Guevara. Paco Ignacio Taibo II scrive nel 2011 anche le nuove avventure di Sandokan con Ritornano le Tigri della Malesia. Resiste il Regno Unito. «Certo, la Tigre della Malesia combatteva gli invasori inglesi, ma Salgari non era anglofobo. Diciamo invece che gli inglesi, con i loro Kipling e Rider Haggard, sono un po’ snob». Forse si ricrederanno dopo le letture e gli studi dell’Università sulle rive del Brahmaputra, che utilizza Salgari come strumento per affrontare i temi dell’orientalismo e dell’esotico. E della differenza tra testo e contesto. Yanez può colpire ancora. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Leggere Salgari a Guwahati così l’India scopre Sandokan
Una serie di iniziative promosse da una ricercatrice italiana rilancia la figura dello scrittore che in Assam e Malesia è quasi sconosciuto
GUIDO ANDRUETTO Restampa 12 4 2016
Nessuno ha mai letto i suoi libri. Nessuno ha mai sentito parlare di lui. Perfino i nomi di Sandokan e Yanez, i due personaggi più popolari nati dalla mirabolante fantasia del romanziere Emilio Salgari, non dicono nulla agli abitanti di Guwahati. Eppure in questa popolosa città situata nella regione dell’Assam, nel nord-est dell’India, sono ambientati alcuni dei suoi più famosi romanzi d’avventura. La gente del posto li sta scoprendo solo ora, a distanza di più di un secolo, grazie al lavoro di una ricercatrice ed artista italiana, Alessandra Messali, che in Assam si sta occupando di promuovere le opere dello scrittore veronese vissuto a Torino tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento, senza mai allontanarsi dalle rive del Po. Un viaggiatore dell’immaginazione che la Messali sta svelando ai giovani studenti e ai cittadini di Guwahati con una serie di letture al Cotton College e all’Handique
Girls College, oltre che con un impegnativo lavoro di traduzione dei suoi romanzi (anche nella lingua assamese) e di studio comparato presso la Guwahati University sulle differenze e coincidenze tra il testo salariano e il contesto assamese. Il progetto di ricerca e di arte partecipativa della Messali, «Il Bramino dell’Assam», che fa parte del «Guwahati Research Program » coordinato da Paolo Rosso per l’associazione culturale Microclima di Venezia, si concentra su come vengono descritti la città, il fiume Brahamaputra e la foresta nei romanzi del ciclo indo-malese di Salgari, Il bramino dell’Assam, La caduta di un impero, La rivincita di Yanez e Alla conquista di un impero. Titoli che hanno plasmato l’immaginario fantastico di generazioni di italiani, ma che in Assam non sono mai arrivati.
Pur essendo uno degli autori italiani più tradotti, i libri di Salgari restano pressoché sconosciuti al di fuori del mondo occidentale. Anche nella terra di Sandokan e Yanez. «Dalle ricerche che ho condotto qui finora — spiega la Messali da Guwahati, dove qualche giorno fa ha presentato all’Assam State Museum uno spettacolo teatrale dedicato proprio alle connessioni tra la città e le opere di Salgari — sono emersi numerosi elementi coincidenti, come ad esempio l’esatta collocazione cartografica di molti dei luoghi descritti nei suoi romanzi, alcuni dei quali davvero remoti». Una scoperta che ha lasciato a bocca aperta i professori e gli studiosi assamesi coinvolti nel progetto, primo tra tutti lo storico e giornalista dell’Assam Tribune Kumudeswar Hazarika, considerato il massimo esperto di storia della città di Guwahati.
«Sono stata in contatto con tre dipartimenti dell’Università di Guwahati — aggiunge Messali — quello di Storia con la docente Paramita Das, di Botanica con Paetha Pratim Baruah e di Linguistica con Jyotiprakash Tamuli. In particolare nell’ambito storico ci siamo soffermati su come venivano descritti la città ed il contesto storico e culturale nei romanzi salgariani: la cosa più strabiliante è senza dubbio che la collocazione cartografica sia esatta. L’unico errore in cui incappa Salgari è quando scrive che Sadiya (chiamata dall’autore Sadhja) è una località di montagna, mentre alcune rappresentazioni risultano coincidenti ma relative ad un periodo storico antecedente all’epoca in cui sono ambientati i libri, cioè tra il 1860 ed il 1880, ma probabilmente questo fu determinato dalla difficoltà nel reperire fonti aggiornate».
È noto che Salgari fosse un grande studioso e che utilizzasse diversi testi per documentarsi. «Sicuramente consultò Il costume antico e moderno di Giulio Ferrario, L’Inde des Rajahs di Louis Rousselet, Geografia universale e descrizione di tutte le parti del mondo di Conrand Malte- Brun e i libri di Angelo de Gubernatis. Da queste attente ricerche seppe ricavare termini e descrizioni molto precise e coincidenti con la realtà, nonostante lo spelling dei vocaboli sia spesso scorretto in quanto già nelle fonti erano stati adattati alla lingua italiana. Avendo poi l’India un territorio molto esteso e caratterizzato da regioni con usi e costumi diversi, alcuni errori presenti nei suoi romanzi sono causati da una generalizzazione ».
Un esempio? «Quando cita il sitar — risponde la Messali — in due dei romanzi del ciclo indo- malese: è probabilmente uno degli strumenti indiani più conosciuti ma non è utilizzato nel nord est dell’India e in Assam. Così anche l’impero Moghul non si è mai esteso fino in Assam poiché il territorio è sempre stato difeso dalla dinastia Ahom. Con i dipartimenti di Botanica e Zoologia invece abbiamo comparato le annotazioni dell’autore al contesto rilevando che tutte le nozioni di Salgari erano molto accurate ed approfondite. Ad eccezione del siluros glanis, un enorme pesce particolarmente pericoloso presente in alcuni fiumi dell’Asia ma non nel Brahmaputra, le descrizioni di Salgari si avvicinano moltissimo al contesto della fauna e della flora di quel tempo ».
In altri passaggi, invece, l’autore si muove sul crinale tra realtà e immaginazione. «Un’incongruenza è la presenza di mura e bastioni in pietra in difesa della città, la quale era stata un effettivamente un campo di battaglia fortificato durante la dinastia Ahom, ma era circondata da imponenti barricate (rempart) in bamboo e sabbia. A parte alcuni elementi errati, tutti gli studiosi con cui mi sto relazionando qui si stupiscono di come Salgari abbia raccontato così bene Guwahati senza esserci mai stato». ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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